Tra gli appuntamenti del Giubileo ormai prossimo alla conclusione, ce n’è uno che si prepara a Milano e che, pur nascendo in un contesto apparentemente diocesano, ha una portata che va ben oltre i confini della Chiesa ambrosiana. Domenica 14 dicembre alle 20.30, nella Basilica di Sant’Ambrogio, verrà celebrata una Messa giubilare in rito ambrosiano antico, secondo il Messale precedente alla riforma del Concilio Vaticano II, nell’edizione del 1954 voluta dal cardinale Schuster.
Si tratta di una forma liturgica oggi custodita da quattro gruppi stabili di fedeli presenti a Milano, Varese (ogni domenica alle 18 alla chiesa di San Martino, ndr), Lecco e Legnano. Proprio nel 2025 ricorre il quarantesimo anniversario del gruppo milanese, il più longevo, che ogni domenica si ritrova nella chiesa di Santa Maria della Consolazione, “al Castello”, in largo Cairoli. A presiedere la celebrazione in Sant’Ambrogio sarà monsignor Francesco Braschi, viceprefetto e dottore della Biblioteca Ambrosiana, direttore della Classe di Slavistica dell’Accademia Ambrosiana e docente di teologia all’Università Cattolica.

Il significato di una scelta
«Il primo significato di questa celebrazione – spiega monsignor Braschi all’Avvenire – è vivere l’Anno giubilare come gesto di comunione e di gratitudine. Il Giubileo richiama al cammino di riconciliazione, all’approfondimento della fede e alla grazia dell’indulgenza plenaria». Celebrarlo nella Basilica di Sant’Ambrogio assume poi un valore ulteriore: «Rafforza il legame con l’intera tradizione ambrosiana ed esprime riconoscenza verso l’arcivescovo di Milano, che ci ha consentito questa celebrazione attraverso i suoi delegati».
La celebrazione è stata infatti autorizzata dall’arcivescovo, tramite il delegato per il rito ambrosiano antico monsignor Claudio Fontana e l’abate di Sant’Ambrogio, monsignor Carlo Faccendini, parroco anche della chiesa di Santa Maria della Consolazione, sede ordinaria delle celebrazioni domenicali di questa comunità.
Un cammino liturgico personale
Monsignor Braschi celebra da anni secondo il rito ambrosiano antico. «Accettai con gratitudine quando mi venne chiesto di farlo. Le liturgie della Chiesa sono un tesoro: conoscere e celebrare una forma che non avevo mai praticato prima è stato un dono». Accanto a questa esperienza, Braschi celebra anche nel rito bizantino, avendo ricevuto l’indulto della Santa Sede: «Questo “multi-ritualismo” è per me una grande ricchezza. Mi ha aiutato ad amare ancora di più l’ars celebrandi, cioè il servizio liturgico al popolo di Dio».
Secondo il sacerdote, la conoscenza dei riti antichi e orientali avvicina a Dio: «Come ha ricordato papa Leone XIV, è fondamentale recuperare il senso del mistero nella liturgia. Il rito ambrosiano antico e la Divina Liturgia bizantina aiutano proprio in questo».
Ambrosiano e bizantino, convergenze antiche
Nel rito ambrosiano non mancano affinità con la tradizione orientale. «Più che di tracce – osserva Braschi – parlerei di vere convergenze. Le preces quaresimali ambrosiane riprendono quasi integralmente la Grande Litania di Pace bizantina. Anche le preghiere dell’offertorio mostrano uno stile molto vicino a quello del Grande Ingresso orientale». Un elemento comune è l’idea del sacerdote come servitore del Mistero, senza protagonismi: «Questo favorisce una celebrazione più consapevole anche nel Novus Ordo».
Sant’Ambrogio ponte con l’Oriente
Il legame tra Milano e l’Oriente cristiano passa anche dalla figura di sant’Ambrogio. Dal 2012 è in corso a Mosca la pubblicazione delle sue opere in russo e latino, con il contributo della Biblioteca Ambrosiana. L’interesse non è solo accademico: «Recentemente un metropolita ortodosso dell’Europa centrale ha voluto assistere a una celebrazione in rito ambrosiano antico e ha celebrato lui stesso, nella sua cattedrale, secondo la forma preconciliare».
Un segno di come sant’Ambrogio sia riconosciuto anche dall’Ortodossia come Padre della Chiesa e figura di dialogo, capace di unire tradizioni diverse. «Il rito ambrosiano – conclude monsignor Braschi – è testimone di una grande ricchezza e creatività liturgica. Ricorda che la liturgia non è una realtà statica, ma viva, cresciuta nella storia e ancora capace di parlare al presente».













