Si è spento il dottor Giovanni Giardina, scomparso all’età di 76 anni. Medico stimato e molto amato, aveva dedicato l’intera carriera all’oncologia, con particolare attenzione alla cura del tumore al seno, lavorando per anni all’Ospedale di Circolo di Varese. La sua perdita lascia un grande vuoto non solo nel mondo sanitario, ma anche tra le tante persone che hanno trovato in lui un punto di riferimento umano prima ancora che professionale.
Laureatosi nel 1981 all’Università di Pavia, il dottor Giardina si era distinto fin da subito per un approccio alla medicina fatto di ascolto, rispetto e vicinanza. Nei momenti più difficili riusciva a infondere speranza, affrontando ogni percorso di cura con delicatezza e attenzione alla dimensione emotiva delle pazienti, mai ridotte a semplici casi clinici.
Dieci anni fa, al momento della pensione, il reparto di oncologia dell’Ospedale di Varese visse il suo addio come una vera cesura. A testimoniarlo fu una lettera commovente scritta dalle sue pazienti, le “mammelle storiche”, come lui le chiamava con affetto, che vollero ringraziarlo pubblicamente per ciò che aveva rappresentato per loro. «Ci hai fatto sentire donne, non malate», scrissero, racchiudendo in poche parole il senso più profondo del suo modo di essere medico: prendersi cura del corpo senza mai dimenticare la persona.
Neppure dopo il pensionamento il dottor Giardina aveva smesso di dedicarsi agli altri. Come volontario, aveva continuato a lavorare sul fronte della prevenzione del tumore al seno, sostenendo e promuovendo progetti in collaborazione con le associazioni locali. In particolare, aveva contribuito all’organizzazione di visite senologiche gratuite per le donne di Malnate, in sinergia con l’associazione Città delle Donne, presso gli ambulatori SOS di Malnate e gli studi medici di Gurone e San Salvatore.
Resta il ricordo di un medico capace di coniugare scienza e umanità, professionalità e empatia. Un uomo che ha saputo accompagnare migliaia di donne lungo percorsi difficili, facendo sentire ognuna vista, ascoltata e rispettata. Un’eredità che continuerà a vivere nelle persone che ha curato e in chi, grazie a lui, ha imparato che la medicina è anche, e soprattutto, relazione.













