Venegono, delitto MacchiLa Procura chiude le indagini

Venegono Inferiore La contesa per mettere le mani sull’eredità di Alessandro Macchi è appena iniziata, ma la procura di Chiavari mostra di avere fretta, e meno di nove mesi dopo l’omicidio dell’industriale varesino nella sua villa di Rapallo, ha già chiuso le indagini. Non ha nemmeno atteso la pronuncia della Cassazione (fissato per il 29 settembre), in merito al sequestro dei beni ereditati dal figlio, il ventenne studente bocconiano Luca Macchi.

Proprio il coinvolgimento di quest’ultimo, in realtà, è stato l’elemento che ha fatto allungare i tempi dell’inchiesta: il pm Francesco Brancaccio contro di lui ipotizza, in concorso morale, gli stessi reati in capo alla madre, cioè omicidio volontario con l’aggravante (da ergastolo), della premeditazione. La donna, Joanna Malgorzata Lonhinger, 60 anni, ex ballerina di night di origini polacche, è la materiale esecutrice del delitto, avvenuto nella notte tra l’1 e il 2 novembre. Fu trovata poco discosta dal cadavere,

in uno stato di incoscienza indotto da psicofarmaci. L’ex compagno giaceva a terra con quattro colpi di pistola in corpo, sparati da un’arma che è risultata rubata.
Il giovane in quei giorni si trovava a Milano, ma secondo gli inquirenti liguri dietro a quel delitto vi sarebbe proprio lui. Anche a lui, e non solo alla madre, la procura contesta infatti la ricettazione della pistola e il porto dell’arma, oltre che la detenzione dei pochi grammi di cocaina che vennero trovati indosso ad Alessandro Macchi. Una messinscena, e tale sarebbe stato pure il tentativo di suicidio della donna, che subito dopo il delitto telefonò alla nuova amante dell’ex compagno, la ventottenne russa Anastasja Malueva. Quarantacinque minuti di conversazione: per dirsi che cosa? Solo la russa, citata nelle carte della procura, potrebbe raccontarlo ai magistrati.
I dubbi sollevati dalla procura su Luca Macchi sono tanti. Secondo il pm aveva accampato una scusa per non accompagnare il padre a Rapallo, quel fine settimana: eppure gli faceva sempre da autista perché Alessandro Macchi non poteva guidare a causa di un forte mal di schiena. Doveva studiare, disse, per superare un esame. La stessa scusa con i carabinieri, due giorni dopo, quando il 3 novembre lo rintracciarono per avvertirlo della morte del padre. Ma lui si recò in banca in Svizzera. Due mesi prima aveva aperto un conto sul quale la madre aveva la delega. Brancaccio mette insieme tutto e delinea un quadro criminoso: per il magistrato era tutto preparato, la Malgorzata Lonhinger temeva che Alessandro Macchi privilegiasse Anastasja Malueva a discapito del figlio.

Fin qui le accuse. Le difese cominciano ad organizzarsi da adesso: nei prossimi giorni gli avvocati di madre e figlio (rispettivamente Manuela Marcassoli e Paola Pavesi), studieranno le carte e probabilmente depositeranno istanze istruttorie e i risultati di indagini difensive. Viene infine definita opera di un millantatore la lettera d’amore inviata alla Malgorzata Lonhinger in carcere.
Franco Tonghini

f.artina

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