Ai fornelli la mano di Banfi. Un tempio della gastronomia

Il posto giusto dove assaggiare le vere ricette

Se un ristorante si colloca all’interno di una istituzione culturale come Casa Artusi di Forlimpopoli, è evidente che ne sposa l’afflato culturale.
E di intensa, indimenticabile esperienza culturale si deve parlare per il Ristorante Casa Artusi. Dai gestori ai camerieri, chiunque vi lavori ha mandato a memoria ogni singola pagina del volume La Scienza in cucina e l’Arte di mangiar bene di Pellegrino Artusi: non in maniera acritica, bensì con la capacità di argomentare ogni singolo passaggio della prosa artusiana e approfondirne il messaggio.

All’ingresso senti la solennità di un tempio della gastronomia unico nel suo genere, dalla cura degli ambienti a quel tomo dell’Artusi aperto su un leggio che ti lascia presagire imminenti meraviglie. Un consiglio, mettetevi a tavola con a fianco una copia del libro di Artusi, magari la versione tascabile senza commenti: quindi divertitevi a ordinare i piatti tratti dalle ricette in esso contenute e, una volta che avrete davanti la pietanza, mangiatela mentre divorate con gli occhi le parole dell’Autore. Esperienza unica, pieno godimento simultaneo della gola e dell’intelletto.
L’attenzione per i particolari è sacra, riguarda perfino il vasellame, disegnato dagli stessi gestori ad hoc per ogni singola portata: è stato fatto realizzare dagli artigiani della vicina Faenza che con la loro maestria ne hanno fatto una delle capitali della ceramica.

In apertura, potrebbero portarvi uno Sformato di funghi (ricetta n. 452 del volume di Artusi) porcini con fonduta di Parmigiano Reggiano Dop: incredibilmente buono, è come se i profumi dei prati di Romagna vi si sciogliessero in bocca come crema.
Non fai in tempo a riprenderti che vieni assalito dalla deliziosa croccantezza delle Bombe composte (ricetta n. 184), con il loro caldo ripieno di formaggio e mortadella.
In mezzo potrebbero spuntare anche i Crostini ai capperi (ricetta n.

108), in cui la sapidità estrema viene bilanciata dalle note dolci di uvetta e canditi. Intanto, non fate raffreddare il pane fatto in casa con le proprie mani dallo chef: spiccano le schiacciate di pasta di piadina. Potreste approfittare di questo momento per provare l’olio extravergine di oliva della Tenuta Pennita di Monte Poggiolo, di grande personalità tutta da scoprire.
È tempo di prendere in considerazione che in Romagna c’è anche la cucina di mare. A ricordarcelo sono i Filetti di sogliole col vino (ricetta n. 466) con insalatina di valeriana e pesto di olive taggiasche: buoni anche come entrata, la loro particolarità risiede nella preparazione e nella compattezza; «un piatto di molta comparita» lo definisce Artusi e aveva proprio ragione.
Il pesce torna a fare capolino nelle prime portate. Gli Spaghetti colle acciughe (ricetta n. 100) sono un vero piatto domestico, semplice, onesto, piacevole.
Sconvolge invece l’impatto con i particolarissimi Ravioli a uso di Romagna (ricetta n. 98): privi di ripieno, qui l’impasto non è in velo, bensì un blocchetto carnoso che li fa brillare di luce propria per densità e corposità.
Si passa alla carne, con il Petto di vitella di latte ripieno (ricetta n. 326) con Zucchine alla sautè (ricetta n. 379): il primo ha una trionfale consistenza, mentre le seconde sono croccanti e hanno un sapore sbilenco che conquista.
I dolci sono i fuochi d’artificio che chiudono la festa.
Gli gnocchi di latte (ricetta n. 699) con Pesche Nettarine di Romagna sono semplicemente strepitosi, ma non è da meno il Budino di Ricotta (ricetta n. 663) fatto con la materia prima del vicino caseificio Mambelli di Santa Maria Nuova di Bertinoro: la loro squisita Ricotta di Romagna è ottenuta dal latte e non dal siero.
Per una simile sbalorditiva meraviglia, è necessaria la mano di un grandissimo artista vestito da chef: appartiene al sopraffino Andrea Banfi.