«Le amministrazioni locali potrebbero fare di più. Se ognuno dei 140 Comuni della provincia di Varese si facesse carico di due profughi a testa, riusciremmo ad accogliere 280 profughi senza avere alcun impatto sull’intera comunità e riusciremmo a gestire l’emergenza senza problemi, superando anche gli ostacoli all’integrazione».
Questo l’appello lanciato dal Coordinamento migrante, l’associazione varesina che riunisce realtà del volontariato e del mondo sindacale, che hanno preso nuovamente posizione sul tema dell’accoglienza in provincia.
Le richieste vanno da un programma di accoglienza in Italia e in Europa con le necessarie copertura finanziarie all’istituzione di corridoi umanitari che permettano il raggiungimento dei Paesi ai quali si è diretti.
«I profughi che sono ospitati nella nostra provincia, arrivati a seguito dell’operazione “Mare Nostum”, sono 90: molti meno rispetto ad altre province e molti meno rispetto ai 300 che avevamo accolto due anni fa con l’emergenza legata al Nord Africa».
Queste persone sono distribuite tra Samarate, Gallarate, Induno Olona, Vedano Olona e Varese (otto ragazzi ghanesi e un nigeriano di età compresa tra i 18 e i 19 anni). A questi vanno aggiunte le persone assegnate dal Ministero ai centri Sprar (64 in totale) e i dublinanti (73).
Il Coordinamento ritiene importante pianificare la situazione, soprattutto alla luce del fatto che con i nuovi sbarchi anche a Varese arriveranno nuovi profughi.
«I Comuni hanno un ruolo cruciale, certo che se il messaggio politico è quello della chiusura, tutto diventa più complicato: pochi profughi ospitati in più luoghi, maggiore è il tasso di integrazione e minori sono i disagi e i problemi». Ciò che viene chiesto è disponibilità diffusa da parte del pubblico, del privato sociale e non. Il Coordinamento sta anche lavorando alla presentazione di una proposta alla Prefettura, per una collaborazione nella gestione di eventuali nuovi arrivi.
Servono quindi delle strutture organizzate e delle proposte operative per non arrivare impreparati a gestire le emergenze.
«Le previsioni ci dicono che il numero degli sbarchi aumenterà nei prossimi mesi, ci stiamo dunque attrezzando per ridurre i disagi legati alla gestione degli arrivi e per dimostrare che il nostro è un territorio accogliente. Vogliamo mettere a disposizione l’esperienza del nostro gruppo e dare supporto agli enti, compresi i privati, che sono disponibili a offrire ospitalità. La soluzione ideale per loro è l’alloggio in appartamento perché stimola a fare delle cose, come banalmente prepararsi il pranzo».
Inoltre, secondo associazioni e sindacati diventa fondamentale impegnare queste persone in qualche attività.
«Sono persone costrette a una convivenza tra sconosciuti. Se li si impegna per qualche ora la settimana in corsi di italiano e di vario genere si reduce la possibilità che si vengano a creare situazioni a rischio».
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