Pioggia, neve, caldo, motorini, benzina, lettere, raccomandate, pacchi, assicurate, guanti, cerata. Smista, incasella, raccogli, dividi, “elastica”, carica, parti, sbrigati.
Corri a destra, a sinistra, ogni tanto pure al centro. Qualche insulto, alcuni grazie, diversi ciao, gli «arrivo subito, un secondo e scendo» infiniti. Il postino suona sempre due volte, pure tre quando è in buona.
Il giro di posta. I cani che si sono svegliati dritti ti abbaiano; quelli che si sono svegliati storti ti inseguono fuori dai cancelli,
con la bava alla bocca puntando a una colazione a base di coscia. Detestano il giallo?
Le corse contro il tempo. Il vento sulla faccia, sempre troppo caldo d’estate e troppo freddo d’inverno. Le confidenze della sciura, le maledizioni degli sciuri. La posta consegnata alla persona giusta, quella data alla persona sbagliata. I resi, le lamentele, i «salga su un momento a bere il caffè» e gli inaspettati e indimenticabili «le regalo questa bottiglia di vino fatto in casa, così si ricorda dove deve recapitarmi le lettere».
I colleghi, i direttori, i 125 che non partono mai al primo colpo, i cinquantini che si fermano sulle salite più dure; tre lasciati per strada, due caduti a terra, tra gli anatemi del capo: «Sei sempre tu: ma cos’è che gli fai a ’sti motorini?».
L’immancabile sigaretta nel piazzale mentre si caricano borsa, bauletto e chi più ne ha (di spazio, s’intende), più ne metta (di posta, ovviamente).
Servono punti fermi: il caffè delle otto alla macchinetta, quello delle dieci al bar con il gratta e vinci e la brioche da portare via, una pizzetta volante a mezzogiorno.
La ricerca del numero civico, il confronto con il campanello, la mappa della tua zona di competenza. Gli abbonati dei quotidiani, dei settimanali, dei mensili; le lettere straniere, i timbri, la pubblicità, le firme.
L’attesa sull’uscio: «C’è posta?», «No, signora», «Meglio, tanto è sempre roba da pagare». Il rituale si ripeterà ogni giorno alla stessa ora. Anche perché se arrivi in ritardo parte l’immancabile inquisizione: «È nuovo lei? Mi raccomando, eh».
I pacchetti da consegnare all’immancabile collezionista e gli improbabili resti; le dolorose multe da recapitare e i «mi dispiace» consolatori; gli atti giudiziari, e con quelli vedi veramente i “sorci verdi”. E infine il tanto atteso cartellino a timbrare l’uscita con un gesto di classe.
Questo flusso di parole ve lo propongono due che hanno fatto i postini, e che su quelle strade hanno lasciato un pezzetto di cuore. -