«È ora di curare questa sanità malata»

Il numero uno varesino della società italiana di Otorinolaringoiatria, Giuseppe Spriano, intervistato da Franco Ferraro per “Venti domande per me (posson bastare)

Franco Ferraro, caporedattore di Sky Tg24, torna, dopo la pausa natalizia, con “Venti domande per me (posson bastare)”. Il protagonista, questa settimana, è Giuseppe Spriano.


In realtà la nostra “offensiva” non aveva carattere politico. In un decreto di alcuni mesi fa la Puglia ha stabilito che una serie di interventi chirurgici non possano essere effettuati in regime di ricovero ma ambulatorialmente: il caso più eclatante riguarda l’intervento di tonsillectomia. Secondo questo decreto il paziente che subisce l’asportazione delle tonsille deve andare subito a casa senza la necessità del ricovero. Le linee guida nazionali ed europee prevedono il ricovero con pernottamento per il pericolo di emorragie precoci. Da questo è scaturita la diffida legale da parte della Società Italiana di Otorinolaringoiatria.

Troppe assunzioni clientelari e non di merito. Tutti i medici e gli operatori sanitari pagati allo stesso modo, tutti con lo stesso stipendio indipendentemente da quello che fanno. Enorme spreco di risorse economiche per acquisizioni non necessarie a scapito di quelle più irrinunciabili. Ospedali obsoleti, mal distribuiti, carenza di strutture specializzate per patologia.

È molto migliorato il meccanismo di selezione dei primari così come dei professori universitari. Oggi è molto più difficile scegliere un “raccomandato”. Molto decisa e condivisibile l’azione del Ministro sulla vicenda Stamina. Anche se lei non aveva fatto i conti coi giudici che si sono messi a decidere chi e come curare. Va bene che in Italia siamo abituati a vedere di tutto, ma qui c’è stata una distorsione dei ruoli: quello che è inaccettabile è che un magistrato obblighi a somministrare una cura: solo il medico ne ha la competenza.

Più che un rischio direi una fortuna. È inutile, come è stato fatto in alcune regioni “ischemizzare” tutti gli ospedali tagliando costi e personale a tutti. Piuttosto che piccoli ospedali in ogni Paese e nella stessa provincia meglio averne pochi e grandi su cui concentrare le risorse. Un esempio nel mio campo che dimostra la correttezza di una tale scelta: in un anno vi sono stati più di 22mila ricoveri per tumori testa e collo in Italia. Su circa 700 ospedali italiani i primi 50 ne hanno curati undicimila, cioè circa la metà. Ci sono stati 407 ospedali che in un anno hanno curato tre o meno di tre pazienti. Non è possibile che tutti facciano tutto. I tumori sono malattie serie. I pazienti devono essere trattati solo in reparti accreditati.

Basta che sia qualitativa e non quantitativa. Mi spiego con il classico esempio botanico: non si tagliano il 20% dei rami di un albero, ma solo quelli secchi che sono in percentuale diversa sui vari alberi. In ogni caso bisogna capire che il sistema sanitario nazionale non è un sistema a risorse illimitate, anche se si occupa di trattare il bene più prezioso.

Anche in questo caso la valutazione non può essere superficiale. Esemplifichiamo: oggi la Pet è un esame molto utile nella diagnostica oncologica in casi specifici e è di costo elevato, circa mille euro a esame. Una macchina Pet in un ospedale può eseguire fino a tremila esami all’anno; se le richieste sono di quattromila esami si crea una lista d’attesa che si allunga progressivamente. La verità è che su quattromila richieste solo in metà dei casi l’indicazione è corretta. Quindi può capitare che si facciano duemila esami inutili, sprecando due milioni di euro, e i duemila pazienti che ne hanno bisogno devono aspettare mesi.

L’ospedale in cui lavoro a Roma è un Irccs (Istituto di ricovero e cura a carattere scientifico) quindi è privilegiato rispetto ad altre strutture laziali. Diciamo che la differenza tra Lombardia e Lazio si traduce in una differenza di metodologia organizzativa del lavoro, migliore in Lombardia; le competenze individuali sono ubiquitariamente distribuite.

Nell’immaginario collettivo l’Otorinolaringoiatra è il medico che toglie le tonsille e il cerume dalle orecchie. In realtà la nostra disciplina si è evoluta molto più di altre: nella chirurgia dell’orecchio è possibile sostituire la coclea ridando l’udito anche a sordi totali, ma i maggiori progressi si sono ottenuti appunto nella chirurgia oncologica. Il distretto cervico-cefalico è il più complesso per varietà istologica dei tumori, è quello dove si ha la maggiore multidisciplinarietà e in campo chirurgico si è sviluppata moltissimo la chirurgia ricostruttiva, che consente di ampliare le indicazioni chirurgiche in un settore del corpo a forte impatto estetico e funzionale, e la chirurgia mini invasiva trans nasale e trans orale.

La chirurgia robotica è l’ultimo esempio di questa evoluzione. Consiste nell’introdurre attraverso la bocca del paziente due piccole braccia e mani meccaniche che riproducono fedelmente tutti i movimenti delle mani del chirurgo che sta ad una consolle. Questo consente di asportare dalla bocca tumori della faringe o laringe che prima dovevano essere rimossi dall’esterno.

La radioterapia da sola o in associazione alla chemioterapia trova largo impiego in oncologia cervico-facciale e anche nell’ambito della radioterapia vi è stato un grande progresso. Oggi è possibile concentrare la dose sul bersaglio tumorale limitando i danni ai tessuti sani circostanti.


In realtà Proust diceva questo 100 anni fa. Basta pensare che per i tumori della laringe negli ultimi 30 anni si è passati dal 50% al 65% di guarigione. E comunque che l’allungamento della malattia si traduca in un allungamento della vita non mi pare cosa disdicevole.


L’unica soluzione è rendere il Paese e il mondo del lavoro attrattivo. Per un giovane ricercatore lo stipendio è da fame, la competizione disonesta per la meritocrazia non sempre seguita. Se questa situazione non cambia preferisco dare suggerimenti ai giovani medici piuttosto che al ministro: andate all’estero.

Si, ma “a macchia di leopardo”. Vi sono università e ospedali che possono competere alla pari con il Nord Europa e Nord America altri di livello inferiore. La specializzazione deve essere fatta anche negli ospedali come succede all’estero non solo nelle università. Vi sono specialisti di discipline chirurgiche che non hanno mai eseguito un intervento durante gli anni della specializzazione.

Vi sono errori di programmazione e realizzazione come da noi. I percorsi di formazione devono trovar riscontro nel campo del lavoro. Concetto molto semplice ma non seguito: la media europea è un otorinolaringoiatra ogni 25mila abitanti; in Italia ne servono 1.700. In realtà siamo seimila mentre nel Regno Unito sono 540 con la stessa popolazione.

Probabilmente è così, ma comunque meglio un medico bravo anche se non disponibile. Oggi la medicina deve essere razionale: scienza , competenza e professionalità . Negli Usa i genitori di un bambino affetto da tumore chiedono al medico percentuali di guarigione, complicanze e alternative terapeutiche. In Italia si sopravvaluta la disponibilità rispetto alla competenza: non si guarisce per la gentilezza, che deve esserci, ma per la correttezza delle cure.


Questo invece è un difetto degli americani. Il medico è considerato in cima alle classi sociali. In realtà, come per tutti gli altri settori lavorativi, è un uomo: se pretendiamo l’infallibilità gli “steps” di formazione devono essere ridisegnati.


Mi piacevano le materie scientifiche. Mi interessava la chimica. Ma mio padre, chimico, mi ha praticamente obbligato alla medicina: ho fatto bene a dargli retta.


Una raccolta di Lucio Battisti


La grande bellezza: per chi abita a Roma da oriundo varesino descrive bene la società della capitale.


Aver mangiato troppo a Natale.