Furbi e disperati a Varese Ma la gente li distingue

Accattonaggio: i controlli ci sono, ma il problema resta. Soprattutto in centro e soprattutto durante il weekend «quando – spiega Shivka, croata di 65 anni – c’è maggiore via vai soprattutto su corso Matteotti».

Il problema resta perché «polizia, carabinieri e vigili mi controllano. Ma io prima o poi qui torno. Non saprei come vivere altrimenti. Morirei di fame. E posso garantire che odio questa vita, a nessuno piace mendicare, ma non ho alternative».

Shivka mentre parla è raggomitolata sotto i colonnati di piazza Podestà. I capelli corti, grigi. Un paio di pantaloni di tela, una maglietta, un bicchiere di carta e un cartello che dice: “Sono malata, ho fame. Aiutatemi”. «Sono arrivata in Italia dalla Croazia dieci anni fa – racconta – ho cercato di trovare un lavoro ma mi hanno detto che ero troppo vecchia. Poi mi sono ammalata, ho problemi cardiaci. E ho iniziato a vivere per strada. Vivo della carità della gente, raccolto una decina di euro, qualcosa per mangiare. Poi mi sposto».

Shivka non è tra i mendicanti fissi a Varese: «Giro tutta la Lombardia – spiega – Mi sposto in treno». Dice di pagare il biglietto perché non vuole avere guai. Ma quando viene allontanata da un luogo dalle forze dell’ordine, «resto lontana per qualche giorno. Poi torno. I controlli? Certo che mi spaventano, so che quello che faccio non piace, ma non so che altro fare».

In corso Moro situazione cambia. C’è una nomade di 40 anni, accanto a quella che racconta essere sua figlia. Capelli lunghi castani, occhi chiari enormi.

Alla domanda “come ti chiami?”, la donna risponde: «Dammi cinque euro per fare mangiare la bambina». C’è una grande differenza tra il suo atteggiamento e quello di Shivka. Alla domanda:quanti anni hai? La donna risponde 40, poi chiede di comprare una Coca Cola per la bambina. La bimba si intristisce all’istante, in mano stringe un pezzo di pizza offerto da una passante. Guarda la bottiglia di Coca come a un miraggio, la prende ma non la beve. «No non vivo a Varese – racconta la donna senza nome che risponde a qualunque cosa con la richiesta di cinque euro – veniamo qui, chiediamo l’elemosina. Quando abbiamo raggiunto la cifra necessaria per mangiare andiamo via».

I controlli? «Si mi hanno controllata. Ero senza la bambina – utilizzare minori per l’accattonaggio è un reato grave, ndr – Mi cacciano via. E io vado da un’altra parte».

Altra differenza: se Shivka lo dice rassegna, nelle parole della donna senza nome c’è dell’arroganza. Sul volto compare un sorriso di scherno.

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