Gallarate, cresce la prostituzione. In campo contro lo sfruttamento

Un quarto delle “squillo” della provincia opera in città: solo a Varese sono di più. Comune e cooperative all’opera per aiutare queste ragazze a rifarsi una vita

GALLARATE – Contattare le prostitute fingendosi clienti e cercare di convincerle a denunciare i loro sfruttatori. È una sfida difficile quella che la cooperativa Lotta per l’emarginazione prova a vincere anche a Gallarate.
«È dal 2012», spiega l’assessore ai Servizi social, «che lavoriamo sull’emersione della tratta di esseri umani a fini sessuali. Il nostro obiettivo è quello di dare una mano alle donne ad uscire da questa condizione, aiutandole a recuperare la loro autonomia».

Un obiettivo molto difficile da realizzare. «Cerchiamo gli annunci sui quotidiani e sul web», spiega di Lce, «la prima volta lo facciamo fingendoci clienti, per capire dove si trovino. Quindi richiamiamo dicendo che siamo operatori sociali». Facile intuire come è nel primo caso che si ottenga il maggior numero di risposte. E i dati che si raccolgono permettono di disegnare una mappa della prostituzione in appartamento. «Gallarate ha un numero consistente di “operatrici”». Nei primi sei mesi di quest’anno ne sono state contate 53 contro le 44 censite nel 2012. E contro le 59 registrate a Varese e, soprattutto, le appena 28 contate a Busto Arsizio.

Numeri che dicono come i Due Galli siano la seconda realtà provinciale per quanto riguarda la diffusione del fenomeno. Che in città viene esercitato «in appartamento molto centrali, nella zona della stazione». Tanto che molte prostitute spiegano al finto cliente che «possono essere raggiunte comodamente a piedi dallo scalo ferroviario di piazza Giovanni XXIII».
Non solo. «In molti casi si tratta di appartamenti dove la prostituzione è ormai un’attività consolidata da tempo». Tutti elementi che portano ad affermare come «dietro a queste donne deve esserci un’organizzazione che gestisce tanto le persone, quanto gli immobili».

Come detto, il tentativo della cooperativa Lotta per l’emarginazione è quello di prendere contatto con queste donne e cercare di convincerle a denunciare i loro sfruttatori. Un compito difficile per una serie di ragioni. Intanto, delle 205 contattate durante l’anno, appena una ventina hanno accettato la seconda telefonata, quella in cui gli operatori sociali rivelavano la loro identità. Ma appena la metà ha ascoltato la loro proposta. E la stragrande maggioranza si è limitata a chiedere informazioni dal punto di vista sanitario.

Molto poche quelle che hanno chiesto consigli sul piano legale o che addirittura hanno accettato la proposta di un colloquio.
Poi c’è la paura di ritorsioni, che per le straniere riguardano anche la famiglia rimasta nel loro Paese d’origine.
In generale, è più facile che accettino di parlare se hanno subito violenza. Ma la stragrande maggioranza continua a prostituirsi in appartamenti situati nel cuore della città. E nascosti agli occhi dei suoi cittadini.