Il sindaco non ceda al manuale Cencelli

L’editoriale di Marco Dal Fior

Nel prossimo dopo voto – c’è da giurarci – faranno la faccia di circostanza, tra il contrito e il sorpreso quando qualcuno farà loro notare che l’unico partito che continua ad allargare la propria base è quello dei disertori delle urne.
Ci racconteranno che in effetti è un problema, comune però alle società più avanzate, dove a votare ci vanno in pochi. E sollecitati dalle domande e dal solito tuttologo in studio, ammetteranno che sì,

un po’ di disaffezione alla politica può essere alla base del fenomeno e che in effetti bisogna tentare di accorciare le distanze tra chi amministra e chi è amministrato, ricreare quel rapporto di fiducia che si è incrinato ormai da parecchi anni. Pare già di sentirla la solita manfrina.
Intanto, però, la classe politica si impegna a scavare solchi sempre più profondi con i cittadini. Ad esempio rinviando per mancanza di accordo l’elezione dei due giudici costituzionali di nomina parlamentare.
Domani Camera e Senato ci proveranno per l’ennesima volta. Se non ce la facessero, potrebbe tornare utile l’espediente escogitato dagli abitanti di Viterbo che, esasperati dalle lungaggini dell’elezione del nuovo Papa, chiusero a chiave (cum clave) i cardinali nel palazzo, scoperchiarono parte del tetto perché il riparo fosse il più precario possibile, e li ammonirono che non li avrebbero fatti uscire se non quando avessero raggiunto finalmente un accordo. E quelli inspiegabilmente trovarono quasi subito la sintonia e votarono Gregorio X.

Ma le votazioni per i giudici, dirà qualcuno, sono fatti romani, dove lungaggini, pastoie e inghippi sono all’ordine del giorno. Vuoi mettere nelle regioni del Nord, locomotiva del Paese?
Quello che sta succedendo a Varese, però, è sotto gli occhi di tutti. Matteo Salvini – forse influenzato dalle recenti visite di cortesia a Putin e al dittatore nord coreano Kim Jong-un – ha deciso nei giorni scorsi che la giunta di Varese con il Nuovo Centro Destra non deve avere più nulla a che fare.
Fuori dalla maggioranza e ritiro delle deleghe ai due assessori targati Ncd. La colpa? Aver appoggiato, alle elezioni provinciali, la candidatura di Gunnar Vincenzi, sindaco di centrosinistra che ha preso il posto del leghista Dario Galli. «Tradimento della coalizione e degli elettori», ha definito questa scelta il leader dalle felpe parlanti.
Ora la palla passa al sindaco Fontana ed è una palla che scotta. Può obbedire alle richieste del suo capo e mandare a casa Carlo Baroni (vicesindaco con delega ai Lavori pubblici) e Enrico Angelini (Famiglia e assistenza).
Non due assessori alle varie ed eventuali – come direbbe Paolo Cevoli sul palco di Zelig – ma due figure di spicco della giunta Fontana.

Il primo alle prese con la caserma Garibaldi, il parcheggio del Sacro Monte e, più in generale, con le famose “grandi opere” senza le quali la città – ci hanno raccontato fino a ieri – rischia di debilitarsi.
Il secondo in prima linea – in questi tempi di crisi – per tentare di tamponare con meno solidi a disposizione la crescita esponenziale di problemi e situazioni di disagio.
Hanno fatto male il loro lavoro? Hanno in qualche modo frenato le magnifiche sorti e progressive di questa giunta? Oppure hanno soltanto il torto di appartenere a una forza politica che ha applicato a livello locale quello che Angelino Alfano e gli altri alfieri Ncd fanno a Roma, dove appoggiano il governo del premier Matteo Renzi? La rottura a Varese – ha fatto sapere Alessandro Colucci, coordinatore regionale del Nuovo Centro Destra – non resterebbe senza conseguenze.
Frase sibillina ma non troppo: se il diktat di Salvini sarà accolto Ncd potrebbe anche ritirare l’appoggio a Maroni, facendo precipitare il Pirellone verso la crisi. Morale: ci ritroveremmo con il presidente della Provincia, ma senza quello della Regione.Bell’affare.
La legge affida al sindaco la nomina e la revoca degli assessori. Dovrebbe sceglierli in base a capacità e competenze.
A Varese vedremo nei prossimi giorni se sotto il Bernascone vince la buona politica o il manuale Cencelli. Nel secondo caso il solco tra cittadini e amministratori rischia davvero di diventare una voragine.
Sindaco Fontana, non sia lei a dare il primo colpo di piccone.