Investita e uccisa dal datore di lavoro. A giudizio per la morte della badante

A travolgere la donna in via Luino un imprenditore, risultato positivo alla cocaina. L’amara ironia della sorte, i due si conoscevano: lei assisteva la madre di lui

– Investita e uccisa dal datore di lavoro positivo alla cocaina: per l’uomo, 60 anni, è arrivato il rinvio a giudizio per omicidio colposo. L’incidente avvenne l’8 dicembre del 2014 in via Luino a Lavena Ponte Tresa. La vittima,, 51 anni, era uscita da poco dall’abitazione della madre di un facoltoso imprenditore di 60 anni e si era recata al vicino supermercato per fare la spesa. Per ironia della sorte, mentre stava attraversando, è stata investita dalla Mercedes Slk guidata proprio dal sessantenne. Nell’impatto la donna riportò ferite gravi; trasportata d’urgenza in ospedale morì 48 ore dopo l’incidente in conseguenza dei traumi riportati.

Nel frattempo i carabinieri della compagnia di Luino fecero tutti gli accertamenti del caso. Come sempre accade in questi frangenti il sessantenne fu sottoposto sia ad alcoltest che al test per determinare se avesse fatto uso di stupefacenti. Ed è questa seconda prova che l’imprenditore fallì risultando positivo alla cocaina che, a quanto pare, aveva assunto in quantità rilevante poco prima di mettersi al volante. Gli inquirenti scandagliarono la vicenda sino in fondo.

A sembrare meritorio di approfondimenti era in particolare il fatto che la vittima e l’investitore si conoscessero. Gli inquirenti andarono a sondare se tra i due vi potessero essere motivi di astio. Ma non c’era nulla, per quanto appaia strana la coincidenza del fatto che ad investire la badante fosse stato il datore di lavoro, che potesse far pensare a qualcosa di diverso da un incidente stradale. Si è trattato di una tragica fatalità. Il fatto di essere risultato positivo alla cocaina ha costituito un’aggravante

non da poco per l’imprenditore indagato sia per omicidio colposo, che per guida sotto l’effetto di stupefacenti. L’imprenditore ha proposto un patteggiamento a due anni per entrambi i capi di imputazione. Ma l’avvocato di parte civile, che tutela i familiari della bandante si è opposto. Anche perché a quanto pare il sessantenne avrebbe risarcito soltanto alcuni dei familiari della vittima. L’imprenditore è quindi stato rinviato a giudizio. Vista l’evidenza dell’accaduto per il sessantenne si profila un processo non tanto complesso quanto ad alto rischio di condanna pesante. Via Luino finì all’epoca sotto accusa in quanto strada poco illuminata. La bandante, a quanto pare, non era del tutto sobria al momento dell’incidente. C’è però il dettaglio della velocità alla quale la Mercedes viaggiava al momento dell’incidente (pare decisamente superiore ai limiti consentiti dalla legge) e soprattutto della guida sotto l’effetto di stupefacenti che, visto le attuali normative, rappresenta un fatto di estrema gravità in caso di incidente. In particolare se dall’esito grave o mortale.