«Io ci ho lavorato e mi manca già». La famiglia record sfonda quota 22

Si spengono le luci e si accende tanta malinconia. Il bustocco Barcucci dalla mobilità alla speranza. I giramondo Montani: «Adottiamo i padiglioni»

L’Expo dei varesini: c’è chi ci ha lavorato per sei mesi e chi lo ha scelto come “seconda casa” visitandolo più di venti volte con tutta la famiglia.

Busto Arsizio, Gallarate e Varese sono state tra le stazioni in cui Trenord ha staccato il maggior numero di biglietti per la stazione di Rho Fiera. , bustese, lavoratore in mobilità, è uno dei centinaia di lavoratori che sono stati impiegati in questi sei mesi in Expo. «Per la precisione sei più un mese di formazione – spiega, mentre fa la sua ultima pausa cena alla “stecca” G2 di Expo, prima di tornare in servizio agli accessi dell’ingresso

Merlata – da mezzanotte abbiamo terminato questa esperienza. Meravigliosa. Non ti dico i pianti, i ragazzi emozionati, soprattutto quelli più giovani, under 30 alla prima esperienza di lavoro». Andrea ha fatto il caposquadra, avendo a che fare con persone di tutta l’Italia e anche stranieri, che sono stati impiegati nello staff della manifestazione, a contatto con i padiglioni. «È stato un lavoro che riempie la vita e che lascia un vuoto – racconta – in questi ultimi giorni c’è un clima di grande malinconia. Tornare a Busto con il treno per l’ultima volta sarà sicuramente un tuffo al cuore». Ora per lui riprende il periodo di mobilità, mentre per i disoccupati si apre l’esperienza della “Naspi”, il nuovo assegno di disoccupazione, con un’assistenza per il ricollocamento con priorità, prevista negli accordi sindacali con Expo. «È un’esperienza che, soprattutto per i più giovani, fa curriculum e offre un buon credito per trovare un lavoro in azienda in molti settori» ammette Barcucci. Con lui in squadra ci sono alcune ragazze campane, tra cui , che ammette: «È stato bello vedere il mondo tutto qui. E lavorare con persone di un ottimo livello sia dal punto di vista umano che culturale». Non potevano mancare l’appuntamento con la giornata di chiusura nemmeno , coniugi bustocchi, che con le loro figlie e con il Season Pass hanno visitato Expo «come minimo 22 volte». Appena potevano, finita la giornata di lavoro, si trasferivano qui: «C’è un po’ di malinconia e di amarezza nel vedere la manifestazione che si chiude – raccontano – avremo di certo un po’ di nostalgia». Tanto da arrivare a lanciare una provocazione: «Fosse per noi, “adotteremmo” Expo con una sorta di crowdfunding. Sarebbe bello che si mantenesse in vita tutto, non solo il Padiglione Italia».

In 22 visite, Paolo e Valentina hanno potuto fare il giro del mondo, toccando praticamente tutti i padiglioni. I migliori? «Per me la Francia – spiega Valentina Montani – davvero “chapeau”. Avrei scommesso che avrebbe vinto il premio per la migliore architettura. Ma anche il cartone animato in 3D del padiglione Ue meritava molto». Il marito Paolo risponde con «Azerbaijan e Qatar». Senza contare la cucina della Germania, «dove abbiamo assaggiato un po’ di tutto».