La cooperativa aiuta i detenuti a sentirsi ancora parte della società

La Quadrifoglio, in collaborazione il carcere di Bollate, offre diversi lavori come occasione di reintegro sociale in vista della fine della pena

Con il motto “condividere per crescere” la cooperativa sociale La Quadrifoglio offre un lavoro ai detenuti per dar loro la possibilità di tornare ad integrarsi nella società in vista della fine della pena. Il punto di partenza è che la valenza sociale del lavoro sia lo strumento adatto per affrontare insieme un percorso che possa essere una seconda possibilità.

La cooperativa nasce come parte operativa dell’azienda Insubria post – che si occupa di comunicazione – dedicandosi al volantinaggio e il percorso con i detenuti è iniziato 3 anni fa grazie alla collaborazione con il carcere di Bollate.

Il carcere è una delle realtà più attive per quel che riguarda il percorso di reinserimento dei detenuti e, accanto a numerose realtà che gestiscono il lavoro all’interno, ce ne sono altre, come appunto La Quadrifoglio, che si occupano invece del lavoro dei detenuti che hanno il permesso di uscire dal carcere per svolgere le proprie mansioni, per farvi poi ritorno in serata. Grazie all’articolo 21 della legge sull’ordinamento penitenziario, essi possono essere assegnati a lavori esterni al carcere. «Nessun trattamento speciale – sottolineano dalla cooperativa – Il carcerato diventa a tutti gli effetti un lavoratore come gli altri e questo è un aspetto fondamentale perchè a livello psicologico si sente reintegrato a tutti gli effetti nella società». Secondo i responsabili «il lavoro è uno strumento con cui poter ritrovare la dignità persa».

Dalla cooperativa tengono inoltre a precisare che la loro competitività nasce dalla capacità di essere presenti sul mercato, senza cercare sussidi esterni o finanziatori e che chi intendesse affidarsi a La Quadrifoglio per le proprie attività di volantinaggio, grazie all’ex articolo 14 (convenzione Api), assolverebbe l’obbligo relativo all’assunzione di disabili.

«Decidere di affidarsi a noi significa fare del bene – raccontano – ma non tramite la classica donazione di denaro: chi contribuisce fa del bene comunitario dando lavoro a carcerati che usano il lavoro come strumento che li riabilita alla vita».

Riguardo ai dati può essere utile sottolineare come i detenuti che non lavorano né in carcere né fuori hanno una recidiva più alta dell’80%; per coloro che lavorano solo all’interno del carcere la recidiva scende intorno al 60% mentre per i detenuti che collaborano con l’esterno la recidiva scende al 30%.