La “Nazionale” che segna per rivivere

Il carcere di Busto apre le porte per mostrarci una domenica speciale che si rinnova ogni mese. Nella squadra di calcio dei detenuti Italia e resto del mondo unite per andare in gol. Verso la libertà

– Varchi un cancello. Esibisci i documenti. Lasci tutti i tuoi effetti personali nell’apposito armadietto. Superi un’altra porta. E finalmente sei in campo. Un campo speciale. Semplice, spartano, senza erba, ma per chi ci gioca è più bello di San Siro e di Wembley.
No, non è una partita come un’altra quella a cui abbiamo assistito ieri mattina. Perché in campo c’era la squadra di calcio a 5 dei detenuti del carcere di Busto Arsizio, ribattezzata la “Nazionale” (infatti gioca in maglia azzurra). Nazionale sì, ma multietnica: i 14 calciatori che la compongono provengono da vari paesi. Sono italiani ma anche est-europei, albanesi, africani. Hanno dai 25 ai 35 anni. E ieri sono scesi sul campo della casa circondariale di via per Cassano per affrontare i Giovani Democratici della provincia di Varese.

«Gettare un ponte tra dentro e fuori è fondamentale – osserva , presidente dell’Associazione assistenza carcerati – Giocando a calcio smettono di essere numeri, e tornano persone. Ora il nostro sogno è quello di creare una squadra di calcio per ogni sezione del carcere, per poi organizzare un torneo». Per il momento, la Nazionale dei detenuti si deve accontentare di una partita al mese. Ma per ora è già un grande risultato, considerando le difficoltà

logistiche e burocratiche che vanno affrontate per organizzare una gara di questo tipo.
Allenati da mister (uno dei principali artefici dell’iniziativa) i ragazzi del team di via per Cassano giocano bene, altroché. «Tra di loro c’è anche qualcuno che, nei paesi d’origine, ha giocato ad alti livelli» osserva Crotti. Se n’era accorta la squadra della Croce Rossa di Gallarate (sconfitta 13-0 il mese scorso). Se ne sono accorti ieri anche i Giovani del Pd ( e , “prestato” da Sel), travolti 20-1 al termine dei tre tempi da venti minuti. Il prossimo match è in programma per il 25 ottobre, contro un oratorio di Busto.

I detenuti lottano su ogni pallone, corrono il doppio, il triplo rispetto ai giovani del Pd. Che tengono botta nei primi dieci minuti e poi crollano. Si vedono belle giocate, qualche numero, dietro la rete si crea anche una piccola folla di spettatori. In certi tiri potenti, anche troppo rispetto alle dimensione del campo, si sente la voglia di spaccare il mondo: un gran gol può diventare una piccola rivincita. Un lampo di felicità che rompe la noia.
E si scherza anche: «Fuori Balotelli!» grida il portiere quando esce dal campo un ragazzo di colore. Entra , il cappellano del carcere: batte il calcio d’inizio del terzo tempo. «Grande don!» gli urlano i “suoi” ragazzi. Sotto un raro sole di ottobre e negli abbracci e i sorrisi che seguono una rete, anche il carcere può sembrare un luogo come un altro. Per un attimo. Poi torna la realtà, e con essa la routine, la sofferenza. C’è ancora tempo per una serie di calci di rigore, uno a testa. Poi le guardie carcerarie ci riaccompagnano all’uscita. I ragazzi si sono divertiti. «Mi raccomando, vogliamo le foto!» ci dice uno di loro salutandoci. Prima di imboccare ancora quei lunghi, spettrali corridoi. In attesa di un’altra partita, un altro gol, la libertà.