«Barricato nel tribunale della strage»

Il racconto del magistrato varesino Tiziano Masini: «Ero in ufficio a pochi metri dall’aula maledetta. Polemiche sulla sicurezza? Mai visto leggerezze»

– «Tutti i dipendenti devono esibire il tesserino, tutti i visitatori vengono perquisiti. Come è potuto succedere? Non lo so. Ma di certo non è il caso di polemizzare». è un “inquilino” del palazzo di giustizia di Milano da quattro anni, da quando ha assunto la carica di sostituto procuratore generale presso la Corte di Appello. Il suo ufficio si trova proprio al terzo piano, il padiglione maledetto dove si è consumata la follia omicida di Claudio Giardiello.

Gli spari, Masini, li ha sentiti. Eccome. «Mai più però avrei immaginato a un fatto simile – riflette il magistrato varesino – La prima cosa che ho pensato è che qualche imputato detenuto avesse cercato di evadere, e la polizia aveva sparato dei colpi in aria».
Invece no. Invece a pochi metri dalla sua scrivania erano appena state spezzate tre vite. «Per vendetta» come ha poi confessato il killer ai carabinieri. «Immediatamente hanno incominciato a circolare voci di ogni tipo, prima si è parlato di feriti, poi di morti. In pochi istanti i corridoi si sono riempiti di poliziotti che ci hanno detto di non muoverci. È passato anche il procuratore capo Bruti Liberati ufficio per ufficio a dirci di restare dove eravamo. Era sconvolto».
Così Masini ha fatto. «Mi sono praticamente barricato, ho aperto i siti di informazione e da lì in poi ho seguito dal web in tempo reale quello che stava accadendo».