Niente alibi se ignoriamo il disagio attorno a noi

La povertà e la disperazione dilagano anche a Varese, città che una volta era un’oasi felice. Il commento di Valeria Deste

Ormai è sotto gli occhi di tutti, non c’è bisogno di grandi analisti o economisti per fare i calcoli. Si torna indietro nel tempo, mentre la povertà avanza in silenzio anche a Varese.
Storie di disoccupati e di anziani che faticano ad arrivare a fine mese. Storie di miseria, di povertà culturale, di solitudine. Storie ed esperienze opposte destinate ad incontrarsi. Raccontate o semplicemente condivise, giorno dopo giorno, da decine di varesini alle suore e ai volontari della mensa di via Bernardino Luini,

ai punti di raccolta gestiti dai volontari degli Angeli Urbani, dei City Angels e della Caritas. E sono proprio questi “angeli” che cercano di prendersi cura di loro.
La crisi non ha fatto sconti a nessuno e sono diventati troppi per non occuparsene, con politiche di assistenza adeguate. Troppi per non accorgersi che in molti ormai vivono in strada, frequentano mense e dormitori, vivono in auto. Spesso non chiedono aiuto, né si rivolgono ai servizi sociali, per vergogna. Ho visto tanti bambini, entrare nelle mense mano nella mano dei propri genitori, dopo aver fatto file lunghissime. Queste immagini sono il simbolo di un’Italia che sopravvive, mentre nessuno, o quasi, se ne accorge.
La cartina di tornasole di questa emergenza è data dalle circa 200 persone che, ogni sera, si mettono in fila lungo il marciapiede davanti alla mensa delle suore della Riparazione in via Luini a Varese dove tra gli stranieri fanno sempre più capolino anche i varesini. Testa bassa e sguardo schivo, si vergognano: i varesini cercano di nascondersi nella folla dei bisognosi, attenti che nessuno possa riconoscerli mentre procurano la cena per sé e la propria famiglia, per poi correre verso casa.
Per loro, ogni sera, suore e volontari preparano numerosi sacchetti take away. Il costo di ogni sacchettino è di circa 4 euro: mensilmente la spesa che le suore di via Luini devono sostenere per questo servizio supera i 25mila euro. La Provincia elargisce 7mila euro all’anno, il Comune 5: il resto arriva da donazioni di privati, imprenditori, commercianti e dal banco alimentare.
Per contrastare il fenomeno della povertà dilagante bisognerebbe creare prima delle politiche economiche e sociali adeguate. Per evitare che la strada diventi un’alternativa alla casa, o al suicidio. Il vero problema non sono i soldi, che da soli non creano sviluppo. La loro mancanza è diventata una scusa per non sentire il grido dei poveri e la sofferenza di chi ha perso la dignità di portare a casa il pane perché ha perso il lavoro. Il rischio è che l’indifferenza ci renda ciechi, sordi e muti, presenti solo a noi stessi con lo specchio davanti. Uomini e donne chiusi in se stessi. C’era qualcuno così che si chiamava Narciso. Noi siamo chiamati ad andare oltre.