Non ci fu istigazione al suicidio. E c’è il dissequestro di Villa Pullè

L’abitazione era stata posta sotto sequestro lo scorso 24 marzo dopo il ritrovamento del corpo della contessa di 75anni

VARESE -Morte della contessa Maria Luisa Cotti Pullè: la procura chiede l’archiviazione per il fascicolo aperto con l’ipotesi di istigazione al suicidio e dissequestra la villa della nobildonna di 75 anni.
Il pubblico ministero, dopo che la donna fu ritrovata lo scorso 24 marzo impiccata nella sua abitazione di via Sanvito 48 aveva aperto un’indagine contro ignoti: se non v’era infatti dubbio che la nobildonna dalla vita da romanzo si era uccisa, alcuni scritti ritrovati vicino al corpo hanno spinto l’autorità giudiziaria a verificare, quale atto dovuto, che la donna non fosse stata spinta al suicidio.
Gli uomini della polizia di Stato avevano trovato dei ritagli di giornale, con delle annotazioni che riguardano un amico della nobildonna, , 47 anni, divenuto noto alle cronache, in quei giorni, per aver pagato i debiti del Varese ed esserne diventato il presidente.

L’eclettico Cassarà, avvocato radiato dall’ordine anni fa, i cui video con dichiarazioni eccentriche sono stati trasmessi da tutte le televisioni nazionali, aveva avuto con la contessa una lunga collaborazione, come presidente dell’istituzione culturale che la nobildonna aveva voluto a favore della città, la Fondazione Labus Pullè.
In quella veste, i due avevano patrocinato concorsi letterari per i giovani, convegni sul risorgimento, e sognato una grande mostra di opere del pittore Morazzone, curata da , che poi non si fece.

Il suicidio, avvenuto subito dopo la nomina di presente del Varese 1910 di Cassarà (nomina durata lo spazio di un mattino), aveva tutto il sapore di un gesto dettato dalla rabbia e dalla disperazione.
I ritagli di giornale ritrovati accanto al corpo della nobildonna parlavano proprio di questo, delle gesta dell’ex amico (si è scoperto in quella sede) che la settantacinquenne accusava con appunti vergati su quegli stessi ritagli di giornale di averla in qualche modo abbindolata sottraendole il ricco patrimonio eredita dal defunto marito.

Accuse che non hanno mai in realtà trovato riscontro; nemmeno attraverso le indagini svolte negli anni passati dopo che la nobildonna aveva depositato un esposto contro Cassarà. La procura ha voluto in ogni caso vederci chiaro.
Ora il pm Petrucci ha chiesto l’archiviazione di quell’indagine per istigazione al suicidio (che non ha mai visto Cassarà indagato, è bene precisarlo): nessuno spinse la nobildonna all’insano gesto, fece tutto da sola senza che terzi avessero alcun ruolo nella sua decisione di togliersi la vita impiccandosi.
La donna, che non ha parenti, ha inoltre lasciato un testamento olografo nel quale lascia la villa e gli arredi di questa a due persone, due amici, che le sono stati vicini negli ultimi anni di vita. La procura ha nominato un curatore e dissequestrato la villa che costituisce l’eredità della contessa.
Per l’autorità giudiziaria il testamento è da ritenersi valido. Sarà il curatore adesso a dare esecuzione alle ultime volontà della contessa suicida una volta eseguite verifiche e accertamenti sull’assenza di eventuali eredi diretti. La villa di via Sanvito, che pare contenga arredi splendidi, potrebbe anche essere messa in vendita una volta assegnata agli eredi.
Della fortuna costruita in due secoli di grandeur dai Pullè e dai Labus non resta altro. Ora il gip dovrà decidere se archiviare o rinviare gli atti in procura disponendo nuove indagini. In caso di archiviazione si chiuderebbe definitivamente la vita della contessa da romanzo che a Varese è stata per anni un noto personaggio pubblico.