Patenti disabili, c’eravamo illusi Ma un anno dopo è lo stesso incubo

In seguito alla nostra denuncia i vertici Asl avevano detto che tutto sarebbe cambiato.Vi raccontiamo perché non sono stati di parola, tra giornate buttate e disorganizzazione

– Ci avevano promesso che tutto sarebbe cambiato. Ci avevano promesso che certe cose, le cose che un anno fa avevamo denunciato, non sarebbero più accadute. Ci avevano assicurato che l’incubo per ogni titolare di una patente speciale sarebbe finito. Noi ci eravamo fidati, ma avevamo rilanciato: quando la nostra patente (speciale) scadrà, verremo a rinnovarla e racconteremo tutto. E, noi, le promesse le manteniamo. Quindi, eccoci qui.

Prima avvertenza. Bisogna segnare sul calendario in rosso la data di scadenza della vostra patente e, almeno un paio di mesi prima, andare a prendere l’appuntamento. Perché se si va troppo a ridosso della scadenza, si rischia di restare a piedi: gli appuntamenti vengono dati, in media, a una sessantina di giorni da quando lo si va a prendere. Se la patente nel frattempo scade, occorre andare a farsi fare un permesso speciale (in motorizzazione,

all’Aci o in una scuola guida: costo che si aggira attorno ai 30 euro). Ma torniamo a bomba: l’appuntamento. Per prenderlo, bisogna andare di persona all’Asl per consegnare un modulo firmato: quando siamo andati noi c’era tanta gente e ci abbiamo messo poco meno di tre ore. Per prendere un appuntamento. Questo era uno degli aspetti che in occasione del nostro famoso incontro ci avevano assicurato avrebbero migliorato. Ci avevano promesso che avrebbero, nel giro di qualche settimana, previsto la possibilità di fare tutto online. Ma quando, a distanza di un anno dal nostro incontro, abbiamo telefonato per chiedere informazioni in merito, ci hanno risposto picche: deve venire qui. A proposito della telefonata, aggiungiamo questa chicca. Ecco il dialogo andato in scena tra noi e l’addetta allo sportello. Lei: «Perché la sua patente è speciale?». Noi: «Disabilità». Lei: «Ah: problemi di salute». Noi: «No. Disabilità». Lei: «Sì, appunto: problemi di salute». Perfetto, incominciamo bene.

L’appuntamento, dunque. Si arriva e si prende il numerino, poi ci si mette pazientemente in attesa insieme al variegato popolo delle patenti speciali. Anziani, disabili di ogni ordine e natura. Quando arriva il nostro turno ci si presenta allo sportello: noi siamo andati il 26 maggio, e ci hanno dato l’appuntamento per la visita al 16 luglio, ore 15.24. Abbiamo già detto quello che accade se la patente scade prima del fatidico giorno (a noi, per esempio, è successo così). Ma aggiungiamo una cosa, importante: se si va a prendere l’appuntamento quando la patente non è ancora scaduta, si può ottenere il permesso. Ma se per dimenticanza e leggerezza ci si dimentica della scadenza e si va a prendere l’appuntamento con la patente scaduta anche solo di un giorno, il permesso non si può più fare. E il malcapitato, non guida. Per il giorno della visita bisognerà munirsi di una fototessera, e bisognerà aver pagato tre bollettini: 30.99 euro all’Asl di Varese, 16 euro al Ministero dei Trasporti, 9 euro al Dipartimento Trasporti di Roma.

Ed eccoci, dunque, al nostro giorno tanto atteso. 16 luglio, ore 15.24. Visto l’orario indicato con tanta precisione ci illudiamo che le cose siano davvero cambiate, e che il sistema delle prenotazioni sia stato migliorato. L’ultima volta avevamo perso mezza giornata, stavolta ci avviamo fiduciosi e al direttore promettiamo: «In un paio d’ore sono indietro». La speranza svanisce quasi subito. La sala d’aspetto, recentemente rinnovata, è strapiena e ovviamente la temperatura è insopportabile. A mitigare la calura ci sono due condizionatori portatili che, poverini, ci provano: ma con scarsi risultati. Ad accoglierci c’è una signora volenterosa che, blocco alla mano, è costretta a gridare per farsi sentire: «Chi è arrivato e non mi ha ancora dato il nooomeeeee???». Esatto: chi arriva dice il suo nome, la signora cerca sul blocco e mette una spunta: «Si sieda, la chiamiamo noi».
Ci sediamo e capiamo subito che sarà lunga, lunghissima. Dopo quasi un’ora la signora ci chiama a uno sportello al quale consegniamo la nostra documentazione in cambio della quale ci viene dato un numerino. A noi tocca il 55 e fuori stanno chiamano il 34. Ci permettiamo sommessamente di far notare che sull’appuntamento ci sarebbe scritto 15.24 e, insomma, sarebbero le 16.20: con una media di dieci minuti per visita qui si fa tarda sera. «Ah, no: si dimentichi l’orario scritto sul foglio. Ci vorrà un bel po’».

La nostra situazione è la stessa di tutti. Chi aveva l’appuntamento alle 15 non entrerà a fare la visita prima delle 18. Il problema è che qui stiamo parlando di patenti speciali: in sala d’aspetto la rabbia monta e nella rabbia ci si conosce un po’ tutti. C’è la signora con il figlio disabile: «Fino all’ultima volta abitavamo in provincia di Milano, e là era tutta un’altra cosa: appuntamenti precisi, e l’aria condizionata vera». Ce n’è un’altra che accompagna la madre, 85 anni: «Lei è cardiopatica, ho paura che mi stia male: mai vista tanta disorganizzazione».
C’è la signora di mezz’età con problemi alla colonna vertebrale: «Non posso stare troppo tempo seduta e nemmeno troppo tempo in piedi, non ce la faccio a stare qui quattro ore. Sono andata in direzione a lamentarmi ma mi hanno detto che non dipende da loro». Tra una chiacchierata e l’altra, il nostro numero si avvicina: ci sediamo davanti alla commissione alle 18.04. La visita è veloce:noi abbiamo cercato di far presente che alcune degli equipaggiamenti imposti alla nostra macchina sono inutili e rappresentano un costo evitabile (attorno ai duemila euro, per dire). Ma nulla: l’ingegnere di fronte a noi è inflessibile: «Io non sto discutendo con lei, io le sto comunicando le nostre decisioni».
E dire che nella famosa tavola rotonda ci era stato promesso che avrebbero provato a migliorare anche questo aspetto, che avrebbero tentato di rendere le prescrizioni più personalizzabili.
Niente da fare. Sono le 18.20 e corriamo in redazione, in un ritardo pazzesco. Accompagnati da tanta amarezza, e da una considerazione: ci avevano promesso che le cose sarebbero cambiate, e in effetti è andata così. Sono cambiate in peggio.