Pinuccio e il suo ippodromo «Com’è triste vederlo ora…»

Il signor Molteni, 86 primavere, in città è stato un fantino-simbolo. Gare per 61 anni, lavorando come elettricista. «Io in sella alle 6.30»

– «Gli ippodromi “ibridi” non funzionano. Le strutture più importanti sono votate al trotto o al galoppo. L’ippodromo di Varese ha una tradizione legata al galoppo estivo. Tanto è vero che le gare che si stanno facendo adesso, nei mesi invernali, fanno tristezza. Si vede che vengono organizzate solo per fare cassetto».
Così , classe 1929, commenta il futuro di un impianto che potrebbe abbracciare anche il trotto, ma che secondo lui è meglio che rimanga fedele a se stesso e al galoppo.

Molteni – ribattezzato «il gentleman rider dei record» per aver gareggiato dal 1947 al 2008, tagliando il traguardo ben 1.014 volte – è un simbolo dell’ippica, quella sana, che emoziona. Quarantotto volte ha vinto in sella a Lucchesi, il suo amato cavallo sauro, quello che «correva con il cuore», e che fece salire la sua scuderia 53 volte sul podio.
Molteni correva nelle gare riservate ai dilettanti, coniugando gli allenamenti al lavoro nel negozio di elettrodomestici di via Morosini.


L’ippodromo di Varese è stato la sua palestra. Non c’era mattina che alle 6.30 non entrasse in pista per far girare un paio di cavalli. Bisognava farsi le gambe e il fiato per prepararsi alle gare. Tra il via e il traguardo si perdevano anche sei etti per l’intensità dello sforzo e l’adrenalina. «Mi ha tenuto in sella la passione – dice Molteni, che è uno abituato a mettercela tutta nella vita – Il millesimo traguardo l’ho tagliato nel 2004, a 74 anni. Nel 2008 ho detto basta. Terminavo la carriera in un periodo in cui l’ippica cominciava ad andar male, e con un ippodromo a Varese che se la passava pure peggio».

La carriera sportiva di Pinuccio ha coinciso con l’ippica della gente. Quella in cui si andava a vedere le corse in massa, facendo il tifo e mettendo anche gli striscioni per incitare il campione di turno.
Negli anni ’80 fu proprio Pinuccio – insieme ad altri – a voler rifare l’illuminazione e mettere le tribune nuove.
«Mia moglie, la Nini, mi ha sempre supportato, tanto è vero che era diventata il mio giudice e mi dava i consigli. Veniva con me a tutte le trasferte» racconta Pinuccio, ripercorrendo gli anni in cui portava da San Siro alle Capannelle la sua giubba, quella ereditata dallo zio Giulio, con le iniziali «GM» che andavano bene anche per lui, che di nome proprio fa Giuseppe.
Adesso Pinuccio è proprietario di alcuni cavalli che si allenano a Pisa. I fantini portano la giubba di sempre, che a vederli in pista sembra che a correre con loro ci sia ancora lui, il gentleman dei record. «Mi manca quel mondo – dice – Ho la testa piena di ricordi, che se potessi tornare indietro rivivrei tutti».
Come quando comprò all’asta Walid, il nipote del campione Ribot.
«Un brocco che non gli avresti dato due soldi e che poi si è dimostrato di qualità vera. Mi ha fatto vincere tantissime gare tra cui un terzo posto nel premio Jokeyclub e il quarto al Gran Premio di Milano. Ma Lucchesi è il cavallo di cui serbo più affetto».
Adesso il giudizio è amaro: «Sono rammaricato per l’ippodromo di Varese, vedendo quello che era e quello che è oggi. Ma mi auguro che possa riprendersi».