Storia di Andrea, wrestler bustocco «I lottatori Usa amano i bruscitti»

Da Busto alla Capitale per insegnare wrestling. È la storia di Andrea Colombo, 38 anni, nostro concittadino cresciuto fin da piccolo con la passione per il catch, la disciplina resa popolare negli anni ’80 da lottatori leggendari come Antonio Inoki, Hulk Hogane Tiger Mask.

Formatosi nella Pro Patria Judo con i maestri Vittore Dal Bon e Claudio Zanesco, nel 2006 Colombo è entrato in contatto con la ICW (Federazione italiana wrestling): «Sono entrato in questa federazione in punta di piedi, come un semplice allievo – racconta Andrea – Quando i vertici vennero a sapere che ero un insegnante di arti marziali, nel 2012 mi proposero di aprire una palestra in Toscana».

Nel frattempo infatti Colombo si era trasferito a Firenze per ragioni familiari. L’esperienza funziona e, l’anno successivo, il wrestler bustocco apre un corso anche a Napoli e, appunto, a Roma, dove ora è impegnato in prima persona nelle vesti di head trainer: «Se consideriamo tutte e tre le palestre, gli allievi sono una trentina – fa sapere Colombo – Mediamente i ragazzi iniziano a 16-17 anni, spinti dalla passione per questa disciplina che hanno visto in tv o sul web. Arrivano timidi, un po’ impauriti dall’idea di mettersi in gioco con lottatori più esperti, e che magari pesano il doppio di loro. Ma grazie alla passione e alla voglia di fare migliorano di giorno in giorno. Nessuno nasce campione, ma se ci si allena con impegno i risultati arrivano».

La domanda che ha sempre accompagnato il wrestling è: ma se le danno davvero, o fanno finta? Colombo risponde: «È uno sport puramente di intrattenimento, mirato allo spettacolo, però i colpi arrivano e fanno male». Cosa si prova sul ring? «L’emozione che senti nel farti amare o odiare dal pubblico non ha limiti. Quando combatti, l’adrenalina va a mille, forse lo può capire bene solo chi fa teatro. Per 10-15 minuti non sei più una persona, sei un supereroe. E l’autostima rimane anche quando scendi dal ring».

A casa mia

Pur vivendo nella Capitale, Andrea è rimasto profondamente bustocco: «Ho fatto assaggiare i bruscitti anche ai wrestler americani, che hanno molto apprezzato il nostro piatto tipico – sorride Andrea – In particolare Sami Zayn, mio ospite a Firenze per tre giorni. Mi piacerebbe un giorno portare uno show a Busto, magari quello del mio ritiro, che vorrei avvenisse davanti alla mia gente».

L’ultima battuta è un grazie: «Ai miei genitori e a mio fratello, che hanno sempre incoraggiato le mie scelte, anche quando non le condividevano».

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