Merloni e Olivetti. Grandi imprenditori

Industria - In un libro di Bollani e Pettenati le figure di due grandi protagonisti dell’imprenditoria italiana

È ormai entrato nell’uso comune, quando si parla di innovazione nell’ambito della produzione industriale, parlare di “fabbrica intelligente”. Cioè di un sistema di lavoro in cui gli operai non sono solo i semplici esecutori di una procedura ripetitiva, ma in cui l’interazione tra gli uomini e le macchine è ovviamente essenziale e in cui c’è un continuo aggiornamento dei sistemi automatizzati di lavorazione e di controllo.

Fabbrica Intelligente

Ebbene il termine “fabbrica intelligente” è stato usato per la prima volta nel 1980 fa da , recentemente scomparso, nel suo primo discorso da presidente della Confindustria. Un discorso in cui si tratteggiavano, con grande efficacia e con altrettanto spessore di umanità, i temi centrali dello sviluppo industriale.

Proprio quel discorso è uno dei capitoli del libro che hanno dedicato all’imprenditore marchigiano recentemente scomparso: “Vittorio Merloni, un imprenditore olivettiano”, (Ed. Il Mulino, pag. 280, € 15) .

Un libro che mette in prima fila i punti forti del pensiero e dell’azione di Merloni con un richiamo esplicito, fin dal titolo, ad un altro grande imprenditore come.

Quello che accomuna Merloni e Olivetti è soprattutto l’idea di guidare un’impresa che nasce nel territorio e al territorio deve restituire la ricchezza prodotta non solo in termini materiali, ma soprattutto in termini di capitale sociale e di valori collettivi.

Impresa e territorio

Come scrive l’imprenditore nell’introduzione: “Il forte legame dell’impresa di Vittorio con il territorio d’origine non impedì la straordinaria crescita internazionale che tutti conosciamo; è anzi proprio la «territorialità» che ha consentito a tutte le risorse umane coinvolte localmente di sostenere uno sforzo comune e vincere la sfida di un mercato altamente competitivo in cui la Merloni entrava da buona ultima.”

Non senza rivendicare un ruolo fortemente propositivo a livello imprenditoriale con la capacità di mettere al centro costantemente il valore della persona.

Per esempio uno dei punti forti del ricordato discorso è quello in cui Merloni sottolinea come «dobbiamo riconoscere che con questa Scuola, questo Stato e questa Fabbrica non saremo in grado di vincere la sfida degli anni Ottanta». La scuola al primo posto perché “ha continuato a ispirarsi a modelli che non solo danneggiano la vita economica delle imprese, ma anche i processi formativi dei giovani”.

Stato e fabbrica

E poi lo Stato che “non fornisce quella organizzazione moderna dei servizi che né la fantasia, né la capacità innovativa degli imprenditori possono sostituire”. E non meno importante ovviamente la fabbrica che, appunto, deve essere “intelligente” con lavoratori “sempre più professionalizzati e preparati che esigono modelli di lavoro, responsabilità e retribuzioni che tengano conto dell’impegno e della professionalità”.

Uomini come Merloni sono stati in grado più di molti altri di segnare lo sviluppo industriale nel nostro Paese in anni nei quali il settore ha mostrato evidenti segni di difficoltà come gli ultimi decenni del secolo scorso, hanno saputo sfruttare le occasioni di crescita nella modernizzazione, hanno realizzato modelli di responsabilità sociale al di fuori degli schemi e dei modelli teorici.n