Arredare il futuro non è più un miraggio

«È lenta ma la ripresa c’è» dice Stefano Calzavara, presidente di Federmobili. E c’è anche l’ottimismo. Ora vanno sciolti i nodi: «Serve più dialogo con i produttori, il design torni nelle case degli italiani»

«Timidi segnali di ripresa». Il settore arredo, anche nel territorio varesino, registra finalmente un segno positivo nel fatturato.

«I dati relativi a questo primo trimestre 2015 sono positivi – spiega Stefano Calzavara, presidente Federmobili Varese al suo secondo mandato e consigliere nazionale Federmobili – Si parla di una cifra minima che oscilla tra il 2 e il 4%. Non è ancora il risultato sperato ma è evidente che la ripresa, seppur lenta, c’è». I dati si riferiscono al territorio nazionale ma la provincia di Varese non si discosta da questo trend.

«Si respira un cauto ottimismo che fa ben sperare di migliorare i risultati entro la fine dell’anno, anche se già lo scorso anno avevamo chiuso con un sostanziale pareggio». E il primo indicatore in tal senso è senza dubbio l’ultimo Salone del Mobile.

Trend di presenze in rialzo

«È un’importante vetrina mondiale dove il design d’arredo presenta al mondo le novità e dove tutti noi abbiamo aspettative elevate per le proposte in questo settore. Quest’anno si è parlato addirittura di un record di presenze, attorno ai 310mila visitatori ma solo tre su dieci sono operatori residenti nel territorio nazionale». E i varesini hanno dimostrato di apprezzare: «Ho potuto riscontrare una maggiore attenzione, da parte delle nostre aziende verso un pubblico estero – prosegue Calzavara – Questa tendenza riscontrata anche dall’affluenza al salone, con visitatori per il 70% stranieri e per il 30% italiani, la dice lunga su quale interesse abbiano le aziende di produzione nel mercato interno oggi».

Il dato è purtroppo chiaro: «Siamo tutti consapevoli della crisi del mercato interno, in generale. Ciò detto, l’attenzione delle aziende nazionali nell’attirare i consumatori all’interno dei nostri negozi, sta venendo sempre meno».

Brand dimenticati?

«Capisco le motivazioni: il prodotto di alto design italiano ha dei costi di produzione, ricerca e sviluppo, lavorazione, materiali e tecnologie innovative che certamente aggravano il prezzo finale – incalza – Però chi produce deve rendersi conto che l’italiano non ha perso nè gusto né la voglia di accogliere e dello stare in casa, e che, a differenza del passato, arredare la casa con elementi di design, e mi riferisco a un gran numero di marchi italiani, è diventato oggi proibitivo».

Quindi? «Il mio augurio è quello di avere un maggior dialogo con le aziende, un dialogo propositivo che permetta a noi distributori italiani di poter tornare con gioia a presentare gli elementi di design nei nostri showroom».

In altre parole c’è un remoto rischio che alcuni brand italiani finiscano nel dimenticatoio perchè i clienti preferiscono il mercato estero a quello italiano? «Mi auguro fortemente di no, ma dobbiamo essere realisti e capire che se il prodotto dei brand più importanti non si allinea con le esigenze del mercato interno, sarà sempre più probabile trovare showroom con contaminazioni di aziende di livello inferiore o straniere. E questo non per incapacità alla vendita degli showroom ma per impossibilità nel poter offrire al consumatore un buon prodotto ad un costo adeguato».

E i paesi che approfittano di questa opportunità sono Spagna, Nord Europa e quelli del mercato asiatico. C’è un rimedio a tutto questo? «Poiché si registra finalmente una seppur timida ripresa, bisognerebbe riuscire a sederci a un tavolo e capire quali sono le reali esigenze del nostro mercato interno».

Il confronto con la filiera

Anche perché questa tendenza potrebbe, nel tempo, portare a ridimensionare in termini di metri quadri il prodotto esposto.

«Anche se – conclude Calzavara – la mia federazione, nella persona del presidente Mamoli e del direttivo, da questo punto di vista è molto attiva e aperta a dialogare con tutta la filiera per trovare soluzioni adeguate».n