Casti Group: i motivi dello stop

Casti Group, dopo lo “stop” all’amministrazione straordinaria si lavora per salvare le aziende. I Castiglioni preparano il ricorso, mentre i sindacati hanno già richiesto «un incontro urgente» al ministero dello Sviluppo Economico e all’assessorato alle attività produttive di Regione Lombardia: «Facciamo in modo che un cavillo giuridico non blocchi un’impresa che funziona e dà lavoro a 230 persone» sottolinea Domenico Lumastro (Fiom-Cgil).

Tutto ruota intorno alla Siac di Cavaria, che è un ramo d’azienda (Siac International Srl) della fallita Siac Spa e non ha l’anno di “anzianità” minimo richiesto dalla Legge Marzano.

Così il gruppo non arriva al tetto di 500 dipendenti che consente di applicare la normativa per l’amministrazione straordinaria.

È questa l’interpretazione del Tribunale di Varese, che mercoledì pomeriggio ha deciso di revocare il decreto del ministero dello sviluppo.

Mentre il deputato Pd Daniele Marantelli ribadisce il suo pieno sostegno ai lavoratori del gruppo Casti, rinnovando il suo «impegno istituzionale affinché la vicenda possa trovare una diversa soluzione. Una soluzione positiva per i lavoratori», fonti vicine al tribunale chiariscono meglio il perché della decisione di respingere la richiesta di procedura di amministrazione straordinaria per undici aziende del gruppo.

Una decisione ineccepibile, a quanto pare, sotto il profilo normativo. Tutto ruota per l’appunto intorno alla Siac di Cavaria, azienda del Casti Group definita di buon livello produttivo, il “gioiellino” di famiglia di Gianfranco Castiglioni, in quanto prima acquisizione a sancire la crescita del gruppo negli anni ‘70.

Per questo il patron, nonostante avesse ricevuto avances per essere ceduta, se l’è sempre voluta tenere stretta. Oggi è ancora un’impresa di ottima qualità, con circa 230 dipendenti, clienti di livello mondiale, commesse non in calo. Insomma una realtà che ha tutte le carte in regola per salvarsi.

E infatti quando il tribunale di Varese proclamò il fallimento del gruppo, respingendo la richiesta di concordato preventivo, proprio questa azienda era stata ceduta.

O meglio fu realizzato un affitto del ramo d’azienda.

Così facendo, però, la società non ha più i requisiti richiesti dalla legge Marzano rivolta proprio alle grandi aziende in difficoltà. E senza gli oltre 200 dipendenti di Cavaria, il gruppo intero non ha più il numero di dipendenti (almeno 500) necessari ad accedere ad una procedura di amministrazione straordinaria. A quanto pare queste sarebbero le motivazioni, non ancora depositate però, sulla base delle quali il tribunale varesino avrebbe preso la propria decisione. Si lavora in queste ore per trovare una soluzione.

Un ricorso? È già stato annunciato, la famiglia Castiglioni (che aveva fatto richiesta di ammissione ai benefici della Marzano) con i suoi legali si è messa subito al lavoro e lo presenterà al tribunale di Varese a brevissimo, probabilmente già lunedì. Ma se le motivazioni sono nel solco del diritto, la sentenza potrà essere riformata? È quello che si augurano gli oltre 400 dipendenti delle aziende del Casti Group della provincia di Varese: Siac International Srl, Castiglioni Giovanni spa, Franz Isella Spa, Castiglioni Houses Srl, Società Grandi Hotel Srl (quella che detiene il Palace Hotel), Aptec srl, Sleme srl, Gesthotels Spa e Holding Srl.

Alla Siac in particolare, visto che la revoca riporterebbe “in sella” Davide Castiglioni, il figlio del patron Gianfranco anch’egli ai domiciliari, i sindacati chiedono «quantomeno che sia assegnata una procura per operare e gestire il conto corrente aziendale», come spiega Domenico Lumastro, della Fiom-Cgil.

«È importante che l’azienda continui a lavorare e ad avere prospettive». Ad oggi infatti gli ordini non mancano, ma un “vuoto” di potere decisionale potrebbe complicare l’operatività con clienti e fornitori.

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