Jobs Act: conoscere per giudicare

Sotto i riflettori la nuova normativa sul lavoro: rilancerà l’economia e porterà benefici alle imprese?Galli (Confartigianato): «Positivo il contratto a tutele crescenti». Massagli (Adapt): «Bene le risorse»

Bisogna studiarlo, conoscerlo, il Jobs Act prima di poterlo giudicare fino in fondo per capire se, effettivamente, potrà portare benefici profondi e duraturi al mercato del lavoro nel nostro paese.
Che mai come ora ha bisogno di uno sprone per ripartire e recuperare anni di disoccupazione ai massimi livelli. Ma una cosa è certa: «Il lavoro del Governo è apprezzabile» dichiara , presidente di Confartigianato Imprese Varese: «Il Jobs Act una certa attenzione nei confronti delle piccole imprese l’ha avuta ed è per questo che pensiamo si stia partendo col piede giusto: lo sforzo del Governo è positivo e la direzione corretta».

Apprezzabili, in particolare, secondo Galli «il contratto a tutele crescenti, importante novità, ed è positivo anche il nostro giudizio sulla delega relativa al riordino dei contratti di lavoro che dovrebbe portare ad una semplificazione burocratica e mantenere comunque flessibilità in entrata».
Positivo, nel complesso, anche il giudizio di , presidente di Adapt, l’associazione fondata da per promuovere studi e ricerche su lavoro e relazioni industriali, secondo il quale il Jobs Act «ha avuto il coraggio di fare un passo in avanti sui licenziamenti: questo non è

il problema del mercato del lavoro, ma su questo punto c’è un indiscutibile passo avanti, arrivando a dare certezza ai procedimenti e dando la possibilità di quantificare quanto costa un licenziamento». Altro pregio viene dalle «risorse ingenti messe a disposizione di chi assume: un grande passo avanti rispetto al 2012, quando la legge Fornero incentivava l’assunzione a tempo indeterminato disincentivando le altre forme contrattuali. Qui si parte dagli incentivi per chi assume».
E questo, secondo Massagli «porterà a una ripresa del mercato del lavoro: almeno nel 2015, quando gli effetti degli incentivi si faranno sentire, anche perché non parliamo di poca cosa».
Saranno però, secondo Massagli, «più favoriti i lavoratori con una certa esperienza, dunque più produttivi e un po’ meno i giovani che da questa riforma non usciranno danneggiati, ma neppure aiutati».
Certamente Jobs Act ha anche dei limiti: «Mira a portare flessibilità e sicurezza. Ma mentre sul primo punto c’è una certa garanzia di successo, sul secondo manca ancora qualcosa, in particolare sui temi delle politiche attive».

Il mercato deve assorbire ancora molti lavoratori fuoriusciti: «Servono allora politiche attive per accompagnare quelli che perdono il posto».
E proprio su questo ultimo punto, la discussa libertà di licenziare c’è molto da dire e da precisare: «Questo è davvero un passo avanti – aggiunge Galli – a partire però da una premessa imprescindibile: per l’imprenditore ogni collaboratore è una risorsa necessaria e preziosa, un grande investimento in capitale umano e lasciare a casa un lavoratore è dunque una perdita, perché il capitale umano è un fattore di sviluppo e competitività. Ma, in questo modo, si ha la certezza del giudizio, che diventa un conto matematico per il giudice, e in più si ha la certezza del costo di un licenziamento. Un bene per l’intero sistema Paese che ora può mostrare qualche certezza in più anche di fronte agli investitori esteri che spesso si sono fermati di fronte all’imprevedibilità di giudizio».
Il Jobs Act insomma, conclude Galli «offre margini ragionevoli di flessibilità alle aziende e penso che i contratti a tempo indeterminato aumenteranno grazie soprattutto all’importante abbattimento del costo del lavoro».
«Certo, non basta una legge per farlo, perché l’economia è un insieme di interventi che devono anche essere strutturali. Di mezzo ci sono i giovani e la recessione è pesata soprattutto su questi, quindi la questione da affrontare si fa più urgente».