Parola chiave anti crisi: solidarietà

Sempre più aziende scelgono questo contratto per preservare la produzione e salvare i posti di lavoro. Brugnoli (Univa): «C’è un cambio di paradigma nelle imprese». Colombo (Cgil): «Ancora non basta»

– Primo, salvaguardare i posti di lavoro. La crisi stimola nuovi approcci ai rapporti tra datori di lavoro e dipendenti: sempre più aziende anche in provincia di Varese ricorrono a forme di “solidarietà” per superare le difficoltà.
«Stiamo assistendo ad un cambio di paradigma nelle nostre aziende» sottolinea il presidente di Univa Giovanni Brugnoli. Ma per il segretario generale della Cgil Umberto Colombo sono «ancora troppo pochi i casi di contratti di solidarietà» sperimentati sul nostro territorio.
Le vicende della BTicino, dove è stato siglato un accordo per l’avvio dei contratti di solidarietà che ha permesso di evitare gli esuberi, e della clinica Maugeri, dove i dipendenti hanno accettato addirittura una riduzione delle retribuzioni pur di evitare i licenziamenti previsti, mostrano come queste forme alternative per la salvaguardia dell’occupazione siano sempre più attuali anche in provincia di Varese.

Proprio nei giorni in cui fa scalpore, a livello nazionale, la vicenda dello sciopero Fiom alla Fiat di Pomigliano d’Arco, per chiedere maggior rotazione del personale in cassa integrazione piuttosto che ricorrere agli straordinari per chi è già al lavoro.
«La realtà economica di questi anni sta determinando e ha determinato un diverso approccio delle imprese nella gestione dei flussi produttivi e, di conseguenza, nella gestione del personale ad essa addetto – fa notare il presidente dell’Unione

degli Industriali della Provincia di Varese Giovanni Brugnoli – quella che stiamo vivendo a livello economico, così come sul mercato del lavoro, non è una semplice crisi. Non è una parentesi che si chiuderà con un rialzo ciclico dei livelli produttivi, dopo un periodo di flessione, più o meno prolungato. Stiamo assistendo a qualcosa di diverso».
«A un vero e proprio cambio di paradigma. Un cambiamento nell’approccio ai mercati globali. Da qui anche il rinnovamento degli accordi sindacali, soprattutto quelli che cercano di difendere i livelli occupazionali». Così anche le relazioni tra imprese e organizzazioni sindacali devono evolvere per stare al passo con le nuove sfide: le forme di solidarietà tra lavoratori sono un modo come un altro per fare “squadra” rispetto al rischio di lasciare indietro qualcuno per salvare le imprese.
«Accordi sempre più innovativi anche grazie al confronto positivo coi sindacati locali – sottolinea Giovanni Brugnoli – attraverso i quali Varese e molte sue aziende stanno sperimentando una gestione diversa del personale. Nella pratica ciò avviene a volte con una regolamentazione non convenzionale degli orari di lavoro, altre volte attraverso l’abbattimento degli orari e, per fortuna in casi ancora più rari, con una riduzione delle retribuzioni».
«Il tutto, però, sempre in una logica di preservare e salvaguardare il più possibile in azienda i livelli occupazionali e le competenze necessarie per la ripartenza, scavalcando l’inevitabile momento di riorganizzazione in base alle nuove esigenze imposte dai mercati».
«Non è un caso, ed è un esempio concreto di cui stanno dando prova alcune aziende del nostro territorio, che la solidarietà venga usata per fare formazione specifica ai dipendenti. Proprio nella logica di riadattare l’azienda alle nuove dinamiche». Insomma, la logica è quella di rafforzare le imprese in uno con i dipendenti. Una logica innovativa e molto moderna, che però potrebbe essere ancora più diffusa, secondo i sindacati.

«Proponiamo da anni strumenti come i contratti di solidarietà, che salvaguardano i posti di lavoro evitando l’espulsione di alcuni lavoratori e permettendo alle aziende momentaneamente in crisi di riprendersi» spiega Umberto Colombo, segretario generale della Cgil di Varese.
«Purtroppo le esperienze di questo tipo finora sul nostro territorio on sono state tantissime, anche perché non sempre i datori di lavoro sono disposti a sedersi al tavolo con le organizzazioni sindacali per avviare il confronto sull’organizzazione del lavoro. Nonostante gli accordi dimostrino che la riorganizzazione permetta alle aziende di ripartire per rimettersi sul mercato».
Eppure, rimarca Colombo, «il sacrificio maggiore, in termini di riduzione dell’orario di lavoro e quindi della retribuzione, pur con l’integrazione Inps, lo pagano i lavoratori».