Tre generazioni d’amore per il legno

Abitano a Oltrona di Gavirate e, nella bottega di Barasso, i nipoti hanno raccolto il mestiere del nonno. «Restaurare è una passione» spiega papà Binda. Nella loro storia clienti vip: da Agnelli a Orson Welles

BARASSO – Il restauro è un’arte di famiglia. Lo sanno bene a Gavirate dove, da tre generazioni, esiste un laboratorio di restauro di mobili antichi. Entriamo nel negozio di Barasso, dove un profumo di legno ci accoglie, mentre vediamo tavoli, sedie, armadi di ogni foggia e decoro darci il benvenuto, nelle forme più familiari o più curiose.
Dappertutto quella intensa sensazione di essere circondati da mobili che hanno già vissuto e hanno ancora molte storie da raccontare.

«Era il 1975, quando Edoardo Binda, che divenne poi mio marito, entrò a lavorare, come apprendista, nella bottega “Rizzato”, di mio padre, a Varese, in viale Belforte, dove ora c’è mio fratello Fabio» racconta accogliendoci con un sorriso Anna Maria Rizzato, decoratrice con la grande passione per il teatro che vive, da sempre, con la sua famiglia, a Oltrona di Gavirate.
«Mio padre, restauratore e scultore, si dedicava a quella che era la sua passione e aveva fondato,

nel 1955 la sua prima bottega a Malnate, dove sono nata io. Mio padre proveniva allora da una bottega prestigiosa di restauro di Venezia. In quel laboratorio, da giovane, aveva avuto il privilegio di servire un cliente illustre come Orson Welles, il celebre regista americano di “Quarto potere”, in visita in Laguna. Dalle mani di mio padre è anche uscita, intagliata e decorata, una culla per la famiglia Agnelli, che adesso è catalogata in importanti libri d’arte. Io allora andavo al liceo artistico di Varese e, nel tempo libero, lo aiutavo nelle decorazioni. Così conobbi Edoardo e me ne innamorai».

Un amore che diede presto i suoi frutti: Valentina, Beatrice e Francesco Saverio, nati rispettivamente nel 1978, 1983 e 1989. La passione per il restauro, insieme alla voglia di mettersi in proprio, indussero Edoardo ad aprire la sua prima bottega, pochi anni dopo, nel 1980, lavorando per conto di clienti privati e negozi di antiquariato.
«Nel giro di pochi anni – rivela Edoardo – grazie all’incremento del lavoro, mi sono trasferito nell’attuale laboratorio di Barasso, dove ho un ampio spazio espositivo di 300 metri quadrati».
Che cosa significa restaurare mobili oggi? «Restaurare mobili è anzitutto una passione e poi un lavoro, che necessita di esperienza, studio e pazienza: non ci si improvvisa restauratori, bisogna conoscere, come in tutti i mestieri, la tecnica». Il legno, infatti, spiega Edoardo Binda,« ha molte problematiche che devono essere trattate e risolte con le giuste tecniche di restauro, in modo artigianale e nel pieno rispetto della tradizione classica. Ma il restauro può anche essere creativo, per valorizzare e personalizzare i mobili, sempre combattendo i nemici giurati del legno: i famigerati tarli. Chi non conosce questo problema, di quella vecchia scrivania della nonna a cui siamo tanto affezionati?».
«Il tarlo, come tutte le problematiche del legno, si tratta con attenzione ed efficacia, esistono trattamenti per la disinfestazione che si basano sulla mancanza di ossigeno e che rispettano l’ambiente». Con la crisi molte famiglie sono tornate a rispolverare vecchi mobili che giacevano in soffitta, magari con una gamba rotta e qualche ragnatela.

Ma restaurare un mobile richiede una pazienza certosina come sanno anche i più giovani apprendisti che si affacciano alla bottega “Binda Antichità e Restauri”: tra di loro anche Saverio, ventisei anni, il figlio più giovane della coppia, che sta prendendo in mano le redini di un mestiere che arriva così, nel 2015, alla terza generazione.
«Mi piace questo lavoro» dice Saverio: «Fin da bambino mi divertivo a stare vicino a mio nonno che intagliava il legno con una tale bravura, che mi sembrava un gioco e ne ero affascinato».
«La cosa bella di oggi è che il restauro si fa con metodi tecnologici e non inquinanti, sistemi innovativi che posso controllare con il computer, nel rispetto dell’ambiente e mio nonno ne va fiero, anche se non li padroneggia come me».