La Varese che sa trovare spirito unitario nella difficoltà

Non sappiamo come si concluderà il caso della “Quiete”. Ma sappiamo che un raggio di luce ha squarciato il futuro a tinte nerissime, premiando il senso di responsabilità e l’amore per il proprio lavoro di tanta gente che ha ottenuto il diritto -almeno quello- di sperare ancora.
Il giorno più lungo della vicenda recente e drammatica di questa gloria sanitaria locale ha riservato il colpo di scena della disponibilità d’investitori pronti a continuare nell’impresa. Lo sfratto può

aspettare e la chiusura dell’attività idem, mentre la pratica di recupero degli stipendi non percepiti è stata avviata. Le ultime settimane testimoniano qualcosa d’importante. A fianco dei dipendenti della clinica, scesi più volte in campo a difendere innanzitutto la loro dignità, si sono schierati esponenti del mondo della politica, dell’economia, delle professioni, della cultura. Le differenze hanno lasciato il posto all’unità d’intenti: tutti insieme nel sostenere il dovere di tutela di un patrimonio privato, ma non solo, perché La Quiete rappresenta un’istituzione storica di servizio alla salute. Dunque a ciascuno di noi.
Oltre alle determinazioni pubbliche, di cui molti articoli della Provincia di Varese han dato conto, si sono sviluppate sotto traccia iniziative discrete e pressanti per favorire il salvataggio. Venti giorni fa su questa prima pagina lanciammo un appello, rivolto in primis al neosindaco Galimberti e al governatore Maroni. Diciamo grazie a chi si è impegnato nel segno del vero spirito della varesinità, con l’augurio, e anzi la certezza, che continuerà a impegnarsi.