Era morto l’imprenditore scomparso Finito in un burrone con la sua Smart

VEDDASCA Si era pensato a tutto. Al sequestro di persona, all’omicidio. Ad un incidente con l’auto finita nel Lago Maggiore. Invece, Aurelio Giorgini, noto imprenditore di 61 anni residente a San Donato nel Milanese, scomparso dopo essere stato visto per l’ultima volta a Graglio, la mattina del 24 marzo 2010, non si era mai allontanato dalla valle. Diretto a Piazzogna, in Canton Ticino, paese in cui aveva il domicilio fiscale e poi a Lugano, nelle sede della Dimex world, l’azienda in cui era impegnato, era come svanito nel nulla. Dando vita ad un mistero fitto, quasi come i boschi della Veddasca. Gli stessi che lo hanno inghiottito fino a ieri mattina.

Perché Giorgini, quel 24 marzo, è riuscito a percorrere solo pochi chilometri. Quasi cinque. Quelli che separano la sua casa di vacanza, a Graglio, al tornante della strada provinciale 5 in località Cadero, dove con la sua Smart grigia è uscita di strada. In un punto in cui la protezione laterale si interrompe lasciando un varco di circa due metri tra un albero e il guard rail. Probabilmente per un incidente anche se non si esclude l’ipotesi

di un gesto volontario. Senza ostacoli l’auto è così finita in un canalone nel cuore della montagna, precipitando per circa 30 metri, sbattendo violentemente sulle rocce, e carambolando per altre decine di metri. Fino a che il suo corpo è stato sbalzato all’esterno dell’abitacolo. A pochi metri dalla vettura. In uno spazio dove la vegetazione è particolarmente fitta e per questo sostanzialmente impossibile da penetrare con lo sguardo. A meno di passarci proprio di fianco.

Come accaduto ieri mattina ad un cacciatore. Che notando la carcassa della Smart, verso le 9, ha subito dato l’allarme. Così in zona, sono intervenuti i carabinieri di Luino e Maccagno, i vigili del fuoco, gli specialisti del Saf e la polizia. Con gli esperti del raggruppamento scientifico dei carabinieri che hanno poi recuperato, non senza fatica, i resti dell’uomo. Portati via in alcuni sacchetti gialli di plastica e trasferiti in obitorio per gli accertamenti medico legali. Questo tutto quello che resta dell’imprenditore. Rimasto quasi 8 mesi nel bosco, nascosto a tutti e a tutto. Accanto e in zona, la giacca chiara che indossava, le scarpe e i brandelli della camicia. Più gli effetti personali: un borsello portamonete, un porta documenti con le foto dei familiari, un telefono cellulare, l’agendina con il suo nome e una copia della Costituzione. Oggetti acquisiti dai militari di Luino, (l’auto sarà recuperata oggi) incaricati delle indagini dal sostituto procuratore Massimo Politi, in collaborazione con la procura di Milano (sul posto anche gli uomini della squadra mobile di Milano e di Varese), che aveva aperto il fascicolo dopo la denuncia di scomparsa dei familiari. Saranno ora gli accertamenti di carabinieri, polizia e procura a scrivere la parola fine sulla morte dell’imprenditore.

Alessio Pagani

f.tonghini

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