Il criminologo: “Il padre omicida? Un malato che va curato”

MESENZANA «Il padre è sicuramente una persona malata, deve essere ricoverato e controllato adeguatamente. In questi casi nelle famiglie scattano dei naturali meccanismi di comprensione, il malato viene riconosciuto come tale. Adesso non lo si deve lasciare solo». E’ questa in sintesi l’idea che Francesco Bruno, criminologo di fama nazionale, si è fatto seguendo a distanza la vicenda dell’omicidio di Pasqua. «Penso – insiste l’esperto, volto noto del salotto televisivo di Bruno Vespa – che si tratti di un caso legato all’arteriosclerosi,

una malattia che è sottovalutata, fin troppo. Il limite è che di solito se ne guardano solo gli aspetti fisici trascurando invece quelli psichici. Purtroppo è una patologia diffusa della quale si parla troppo poco. C’è una sottovalutazione della malattia». I gravissimi fatti di sangue del pomeriggio di Pasqua nei quali ha perso la vita la trentaduenne psicologa Alessandra Camboni, uccisa a coltellate nel residence Le Arcate di Gavirate, hanno fatto il giro d’Italia. Anche le cronache nazionali hanno dedicato grande spazio a una tragedia che avrebbe potuto avere conseguenze ancora più drammatiche. Una tragedia familiare che vede papà Mario accusato di omicidio, una figlia deceduta e un figlio gravemente ferito ma ormai per fortuna non più in pericolo di vita. Il professor Bruno ha tirato in ballo una malattia della quale normalmente si evitano pericolosi collegamenti alla psiche umana. Il criminologo, famoso per i suoi interventi nel salotto di Porta a Porta con Bruno Vespa, non ha molti dubbi: «Di solito – spiega il professore – c’è una polarizzazione di tematiche di gelosia o di malessere, di malattia o di debiti con l’istaurarsi di veri e propri deliri. Viene vissuta questa ira che non è più contenibile, la causa scatenante potrebbe essere anche una cosa di poco conto, anche una piccola bega». Nella mente delle persone scattano meccanismi ancora inspiegabili dagli effetti devastanti. «Nella mente – insiste Bruno – capita poi di vedere le persone come causa di un guaio insormontabile. Anche i familiari possono diventare degli estranei, dei nemici. La speranza è che non si renda conto di quel che è accaduto, la mente però non cancella i suoi ricordi». Cosa possa aver scatenato la rabbia del presunto omicida non si sa. Su questo stanno ancora lavorando gli inquirenti per fare chiarezza, ma almeno su un aspetto il professore non ha dubbi: «Mario è malato e non va lasciato da solo». Gli interrogativi sono tanti: domande alle quali non sanno dare una risposta neanche i vicini di casa della famiglia Camboni. In via Pezza a Mesenzana sgomento e incredulità continuano a prevalere. Il dolore non si placa per un dramma ancora senza un vero perché.

Pino Vaccaro

f.tonghini

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