Saltrio, il sindaco contro i ticinesi «I ristorni o dovranno andare a piedi»

SALTRIO «Blocchiamo il transito alle autocisterne del carburante. Almeno i ticinesi, una volta a piedi, si renderanno conto di cosa vuol dire vivere sotto ricatto». Giuseppe Franzi, sindaco di Saltrio, ha perso la pazienza.

E proprio per questo torna in pista con la provocazione che aveva già lanciato subito dopo l’annuncio del blocco, a giugno 2011, del saldo di tutti i ristorni relativi al 2010. «Perché da allora non ci sono stati passi in avanti e noi abbiamo bilanci da chiudere – tuona – A questo punto cosa dovrei fare? Chiudere il Comune e spegnere l’illuminazione pubblica?».

Per questo, prima di arrendersi, Franzi e gli altri sindaci dei centri di confine voglio combattere. Con una provocazione concepita «per tentare di sbloccare una situazione insostenibile per i Comuni di frontiera italiani».
Non accenna, quindi, a placarsi la tensione tra Ticino e sindaci di confine italiani sulla questione del riversamento delle imposte alla fonte, metà delle quali sono attualmente trattenute dal Ticino su un conto vincolato della Banca di Stato, in attesa della radiazione della Svizzera dalla black list italiana.

All’appello, infatti, mancano qualcosa come 23,7 milioni di euro, frutto della retrocessione del 38,8% delle tasse pagate alla fonte dai lavoratori del Varesotto impegnati nel Canton Ticino. «In questa battaglia – prosegue Franzi – non abbiamo armi. Possiamo solo bloccare il confine per protesta. E impedire, ad esempio, il passaggio da Gaggiolo delle autocisterne che servono di carburante il Ticino. Arrivano quasi tutte da Genova e transitano per le nostre strade. Questo possiamo fare per farci sentire: utilizzare anche noi l’arma del ricatto».

Più che una provocazione, la denuncia del sindaco di Saltrio è però l’ennesimo grido di allarme che si leva dalla fascia di frontiera. Dove i primi cittadini, come già manifestato ampiamente da Lavena Ponte Tresa a Viggiù, da Luino a Cuasso al Monte, si sentono sotto lo scacco di una crisi di cui, pur non avendo alcuna colpa, subiscono le conseguenze più pesanti.

«Mi chiedo cosa aspetti il premier Mario Monti a esprimersi e a far rispettare un trattato internazionale. Siamo parte lesa – aggiunge Franzi – questo deve essere chiaro. Si pensava che il problema nel dialogo con la Svizzera fosse Tremonti: ma dalla caduta del governo Berlusconi, invece di fare passi in avanti, la situazione sembra addirittura peggiorata».

Anche perché all’orizzonte ci sono altre preoccupazioni. Quella del blocco dei ristorni anche per il 2011 e, soprattutto, la riduzione della percentuale destinata alla amministrazioni di confine. In Svizzera, infatti, sono diversi a chiedere un abbassamento drastico del 38,8% odierno. «Una cosa inconcepibile – sottolinea Franzi – Perché mi chiedo: dove vanno a finire i soldi delle tasse che i nostri frontalieri pagano in Ticino? Piuttosto, la percentuale a nostro favore dovrebbe salire fino al 60%, non diminuire. Noi al massimo potremmo contribuire a pagare l’usura delle strade ticinesi».

L’aria, insomma, resta tesissima lungo il confine. Per questo i sindaci di frontiera torneranno presto a incontrarsi. Nel tentativo di elaborare una strategia comune che contribuisca, una volte per tutte, a sbloccare la situazione.

Alessio Pagani

s.affolti

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