Noi poveri senza nome Salviamo il Varese

Se io fossi il presidente del Varese Laurenza, farei sottoscrivere oggi a Stefano Bettinelli un contratto triennale. Perché in pochi giorni ha ridato cuore, testa e gioco ad una squadra che sembrava sull’orlo del collasso.

Mi fanno ridere quelli che dicono (e ancor peggio scrivono) «peccato per quei punti persi contro Lanciano, Crotone e Brescia». Se fossero arrivati tre pareggi, il Betti non sarebbe arrivato. E il Varese avrebbe giocato da Varese come ha fatto a Novara e venerdì col Siena?

Se io fossi Bettinelli farei giocare a Novara dal primo minuto Falcone e Forte. Perché a questo punto della stagione contano soprattutto polmoni e gambe. E i due sbarbati sembrano avere una marcia in più. Soprattutto Forte che ha aperto la difesa del Siena con le sue progressioni palla al piede.

Certo l’infortunio di Neto Pereira non fa piacere, ma non tutti i mali vengono per nuocere. Se Forte è così in palla, sarebbe un delitto lasciarlo fuori. Chi dovrebbe star fuori, invece, è Di Roberto. Giusto applaudirlo all’uscita dal campo: altrettanto giusto considerare il suo stato di forma attuale, l’incapacità di saltare l’avversario e mettere al centro una palla giocabile per gli attaccanti.

Se io fossi Beppe Sannino, mi sarei divertito venerdì sera a Masnago. Perché mi sarei rivisto su quella panchina a prendere a parolacce i miei giocatori. Quel pugno agitato al cielo accompagnato dall’eloquente «ti spacco la testa» faceva tanto… fun cool.

Se io fossi il direttore sportivo Ambrosetti attaccherei sulla porta dello spogliatoio biancorosso quell’articolo in cui si dava il Varese per finito. Passandogli davanti l’allenatore «signor nessuno» ed i giocatori «che non vengono pagati» devono impararlo a memoria prima di andare al Piola venerdì prossimo.

E sono sicuro che non avranno bisogno di altri suggerimenti per affrontare nel migliore dei modi la doppia sfida col Novara.

Se io fossi il Varese non darei troppo peso al risultato del Novara a Bari. Perché le prossime due partite faranno storia a sé. Perché un episodio sfortunato (ed il Varese ne sa qualcosa, anche se la ruota sembra essersi girata) può condizionare una sfida da 180 minuti. Perché il fattore campo alla partita di ritorno è un vantaggio effimero come insegnano i playoff persi contro Padova e Sampdoria.

Se io fossi la curva del Varese colorerei il Piola di biancorosso. I colori dell’innocenza e del cuore. I colori dei bambini che ogni volta il maestro Caccianiga porta a spasso sull’erba di Masnago.

Per mia sfortuna non sono Laurenza, né Bettinelli. Non sono Sannino, né Ambrosetti. Non sono il Varese né i suoi impareggiabili tifosi. Per mia fortuna sono solo uno «schiavo di Sogliano» ed un esponente della «stampa sgradita».

Per fortuna come me la pensano decine di persone che venerdì sera si sono congratulate con la battaglia condotta da questo giornale. Per il Varese ai varesini, non è mai troppo tardi.

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