Il no di Salvini e Civati «Una follia, c’è la mafia»

La polemica nata dopo le parole del Presidente Renzi sulla candidatura di Roma alle Olimpiadi del 2014

– Al referendum popolare forse non si arriverà, ma sul gradimento olimpico c’è già un partito che avanza. Ed è decisamente bipartisan se mette insieme, nella sostanza, due politici antitetici come Matteo Salvini e Pippo Civati.
Il leader della Lega Nord, che ancora prima che la candidatura di Roma ai Giochi del 2024 diventasse ufficiale aveva espresso la sua contrarietà, è tornato all’attacco: «Le Olimpiadi a Roma sono una follia – l’affondo di Salvini –.

C’è ancora aperto il fascicolo su “Mafia Capitale” e vogliamo dargli in pasto le Olimpiadi? Renzi mi sembra viva su un altro pianeta, considerando i “debiti” ancora da pagare per passate Olimpiadi, e i problemi economici. Se non le fanno a Oslo perché costano troppo… magari a Roma c’è qualche amico da far lavorare. Sarebbe utile che il fenomeno di Firenze pensasse alle migliaia di società sportive dilettantistiche italiane, che fanno fare sport a tantissimi bambini e che rischiano di chiudere per colpa dello Stato, invece di fantasticare su improbabili Olimpiadi».

Contrario ai Giochi anche l’esponente dell’opposizione interna al Partito democratico: «Le Olimpiadi a Roma mi sembra un’altra di quelle trovate… – le parole di Civati – poi in questo periodo a Roma mi pare che abbiamo bisogno di altro. Le Olimpiadi si sono rivelate spesso un grande spreco, noi siamo un Paese che non ha gli anticorpi sufficienti per evitare pasticci sulle grandi opere. Le priorità sono altre. Le Olimpiadi più belle sarebbero quelle del dissesto idrogeologico, con le quali attraversare il Paese e sistemare i problemi».
A gettare fuoco sulla polemica nascente pure Antonio Di Pietro. «Si potrebbe fare qualche struttura carceraria in più». «Se non sbaglio, le gare di canoa si terranno a Genova. Le potrebbero fare per le strade», ironizza l’ex ministro e leader dell’Italia dei valori.

Ma anche il partito dei favorevoli, qualcuno con «riserva», è trasversale: l’altro leghista e governatore della Lombardia, Roberto Maroni, più sensibile al tema campanilistica dell’affaire, ha voluto sottolineare che la candidatura non è «di Roma ma dell’Italia. Le regole sono cambiate e se l’Italia è dentro, Milano partecipa».
Giorgia Meloni, di Fratelli d’Italia e aspirante alla poltrona di sindaco di Roma, «sostiene la candidatura», ma chiede contestualmente le dimissioni del primo cittadino della capitale, Ignazio Marino. «Affinché la candidatura sia realmente autorevole, non possiamo presentarci al cospetto della comunità internazionale con l’attuale amministrazione capitolina, un Consiglio comunale che rischia di essere sciolto per mafia». «Marino si dimetta perché è l’anello debole di questa proposta, che invece potrebbe essere forte, credibile e vincente».