«Un viaggio travagliato, tra le macerie»

Un carico di aiuti - Le persone incontrate hanno chiesto solo una cosa: di non essere dimenticate

Una notte di viaggio per consegnare il primo carico di materiale raccolto a Busto: «Dobbiamo tornarci. Ci hanno chiesto di non dimenticarli». Domenico Cesaro racconta il viaggio sul furgone Ducato del Distretto del Commercio, insieme alla compagna Silvana Dimella, per raggiungere i luoghi dell’emergenza e consegnare il primo carico di materiale «di prima necessità» – viveri, medicinali, prodotti per l’igiene e per i bambini – donato dalla generosità dei bustesi.

«Siamo partiti da Busto alle 10 e mezza di sera e siamo arrivati alle tre e mezza del mattino successivo sulla strada regionale che porta all’entrata di Amatrice – racconta Cesaro – lì ci hanno bloccato perché c’era appena stata una scossa. Un paio di ore e abbiamo provato a salire, eravamo quasi all’entrata di Amatrice, quando un’ulteriore scossa ha fatto venire giù un’ala dell’ospedale, quindi di lì non si poteva più andare avanti». Per il furgone del Distretto è

iniziata una lunga serie di tentativi per aggirare gli ostacoli e giungere a destinazione: «Altri 30 chilometri di tornanti verso Ponte Tre Occhi, già presidiato dalla sera prima, ma alle 6:20 un’altra scossa ha tirato giù la parte laterale del ponte – prosegue il racconto – così abbiamo dovuto rifare il giro, sempre in colonna mobile con i mezzi di soccorso, passando da L’Aquila, altri 90 chilometri di tornanti.
Finalmente verso le 10 e mezza siamo riusciti ad entrare ad Amatrice, dove al centro operativo di emergenza il responsabile del Cisom Alvaro Meini ci ha mostrato i magazzini intasati di materiale e ci ha chiesto se riuscivamo a salire al Comune di Borbona, che racchiude sette frazioni più piccole isolate, circa 60 chilometri da Amatrice».

Dove i camion non riescono ad inerpicarsi, è arrivato il furgone del Distretto, così il carico è finito al centro di accoglienza di Borbona, mentre due pacchi di medicinali sono stati consegnati ad Accumoli. «Sì, è stata un’avventura – ammette il collaboratore del Distretto – un viaggio travagliato, in mezzo alle macerie e a paesini di poche decine di anime, di alcuni dei quali nessuno parla, completamente spazzati via dal sisma. Penso alla palazzina sventrata in cui si vedeva una camera da letto con il letto in bilico che stava per venire giù».

Uno scenario che tocca profondamente: «Le persone hanno paura, ma capisco perché non vogliano andarsene, allontanarsi dalle loro abitazioni, seppur pericolanti, dove c’è tutta la loro vita – racconta Domenico Cesaro – ad un campo di accoglienza abbiamo visto un gruppo di bambini, che erano lì con gli psicologi: non ce n’era uno che ridesse. Sono cose che colpiscono». Al Comune di Borbona, dove il furgone del Distretto ha svuotato il carico di generosità bustocca, Domenico e Silvana sono stati ricevuti da un gruppo di donne: «Erano contenti di vederci, non dico come se arrivasse la slitta di Babbo Natale ma quasi. È vero che adesso invitano a non inviare altro materiale, ma quello che abbiamo raccolto sono prodotti non deperibili, dalla pasta ai pannolini, che servono per la vita quotidiana delle persone. Una volta stoccato, potrà essere sempre utile. Anche perché in fondo le persone che abbiamo incontrato nei luoghi devastati dal terremoto ci hanno chiesto solo una cosa: di non dimenticarli». Come sempre, il timore è che esaurito il momento della commozione e dell’ondata di solidarietà, il destino di Borbona, Amatrice, Accumoli finisca nel dimenticatoio.