«Siamo imprenditori, e non burocrati. Basta con i vincoli amministrativi»

l presidente Davide Galli si esprime senza mezzi termini sulla necessità di snellire le procedure imposte dallo Stato

Il fatto che la burocrazia sia un problema per le attività di ogni genere non è una novità, ma se ad essa si aggiunge una serie di altri problemi allora le imprese chiedono più equità. «Fateci fare gli imprenditori, non i burocrati» dichiara Davide Galli, presidente di Confartigianato Imprese Varese a pochi giorni dall’arrivo della Legge di Bilancio in Consiglio dei Ministri e aggiunge, «se il lavoro manca non è colpa dell’impresa».

Il concetto è molto semplice: se l’impresa deve produrre, deve essere lasciata libera, e l’invito al Governo è dunque quello di agire in modo trasparente. «Del lavoro che manca – sottolinea Galli – non se ne devono fare carico le imprese ma le istituzioni. E le aziende, per poter andare avanti, non devono essere inceppate da vincoli amministrativi ingiustificati che però ci sono e che possono avere un’incidenza sul fatturato complessivo anche fino al 10%. Una volta per tutte è importante definire le norme, non continuare a cambiarle e lasciare che l’imprenditore faccia il suo lavoro. In Italia, la piccola impresa ne ha abbastanza ma resta qui: non siamo noi quelli che se ne vanno».

Lo Stato, nella pratica, continua ad essere il socio maggioritario di ogni impresa ma anche di ogni famiglia «Basti pensare che in Italia ci sono 14 pagamenti annui mentre in Svezia ne hanno solo 6 e in Francia 8. In Italia ci vogliono 270 ore di lavoro per pagare le tasse e qualche imprenditore deve mettere 72 firme per ottenere un finanziamento dalla banca».

Da anni Confartigianato avanza proposte sul taglio dei tempi lunghi dei pagamenti e dei processi amministrativi, della pressione fiscale che costringe le aziende a lavorare fino a giugno per lo Stato: «E poi, ciliegina sulla torta, gli imprenditori si sentono dire che non danno lavoro. Forse si sarebbe dovuta valutare la capacità di resistenza delle piccole imprese che, nei momenti peggiori della crisi, hanno addirittura deciso di affidarsi a qualche finanziamento pur di poter pagare le tasse,

gli stipendi e le tredicesime». E oltre a tutto ciò, ricorda Galli, gli imprenditori si sentono dire che le tasse sono diminuite: «Secondo il Governo le tasse sono diminuite ma, ci dispiace dirlo, nessun imprenditore ad oggi se n’è accorto. Si parla sempre di tagliare il cuneo fiscale. Bene: in media, in Italia, un dipendente costa 31mila euro ma ne guadagna 16mila perché la differenza tra il costo sostenuto dal datore di lavoro e la retribuzione netta del lavoratore è al 46,7%. E i contributi sociali dei datori di lavoro ammontano al 25,6%». Spesso, conclude Galli «ci si dimentica che un’impresa più libera non solo può crescere meglio, ma può anche tutelare meglio i propri collaboratori».