Fino a quando mantenere i figli

L’art. 30 della Costituzione sancisce il dovere dei genitori di mantenere, istruire ed educare i figli, anche se nati fuori dal matrimonio.

Tale principio è stato recepito integralmente dall’art. 147 del Codice Civile, che, a seguito della riforma entrata in vigore a febbraio, ha aggiunto agli obblighi anche quello dell’assistenza morale, precisando nell’articolo successivo che i coniugi devono adempiere in proporzione alle rispettive sostanze e secondo la loro capacità di lavoro.

L’onere a carico dei genitori è pacifico nel caso in cui i figli siano minorenni, ma può prolungarsi anche una volta che gli stessi abbiano raggiunto la maggiore età. Sul punto il nuovo art. 337-septies del Codice Civile prevede che il Giudice “valutate le circostanze”, possa “disporre in favore dei figli maggiorenni non indipendenti economicamente il pagamento di un assegno periodico”.

Che cosa accade però nel caso di figli indolenti, che magari trascurano gli studi o non si cercano attivamente un lavoro? In relazione a tale problematica una recentissima sentenza del Tribunale di Roma ha fornito degli spunti innovativi. In materia si applica il principio in base al quale è a carico del genitore interessato a far cessare l’obbligo di mantenimento la prova della raggiunta indipendenza economica del figlio, che sussiste senz’altro quando quest’ultimo percepisca un reddito congruo, ovvero, come insegna la Cassazione, si trovi “nelle concrete condizioni per essere economicamente autosufficiente”.

Sotto questo secondo profilo il Tribunale capitolino ha precisato che nel caso di prole sufficientemente adulta sussista una sorta di “presunzione di inerzia” in base alla quale debba essere il figlio – e non più il genitore – a provare di essersi attivato per la ricerca di posto di lavoro. A tal fine il Giudice dovrà valutare il contesto nel quale si inseriscono gli eventi, tenendo in debito conto l’età del figlio, le aspettative, le capacità economiche dei genitori e il titolo di studio conseguito. Non si pretende dunque che un laureato in biologia presti servizio in catena di montaggio o viceversa, tuttavia si va sempre più delineando una giurisprudenza tesa a censurare i comportamenti lassisti di chi tende ad approfittarsi sine die del sussidio dei genitori.

Avv. Matteo Borgini

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