Terremoto dell’Aquila: una sentenza da capire

La Corte d’Appello dell’Aquila ha assolto tutti i membri della Commissione Grandi rischi che parteciparono alla riunione qualche giorno prima del terremoto del 6 Aprile 2009.

In primo grado, dopo tredici mesi di processo, il Giudice monocratico Marco Billi, condannò i sette imputati a sei anni di carcere per omicidio colposo plurimo e lesioni. A fronte dell’ odierno ribaltamento della decisione,per comprendere meglio, è necessario partire dalle origini e cioè dalla sentenza di primo grado. Riassumendo in modo semplice e chiaro, il Giudice rimproverò agli imputati, illustri scienziati e membri della Protezione Civile, la sciatteria ed il pressapochismo che caratterizzarono la famosa riunione da loro tenuta il 31 Marzo 2009, a pochi giorni dal sisma, riunione che si concluse con un comunicato stampa che minimizzava le mini – scosse dei giorni precedenti.

Secondo quanto statuito dalla sentenza del 22 Ottobre 2012, molti temi trattati in quella riunione straordinaria, meritevoli di un approfondimento, sarebbero stati esaminati dagli imputati con superficialità e trascuratezza, senza peraltro che si individuasse cosa, concretamente,si sarebbe dovuto affermare sul punto;la cosa certa è che il fine ultimo dell’ incontro doveva essere quello di tranquillizzare la popolazione. Secondo molti autorevoli pareri, addebiti così costituiti non possono fondare alcuna responsabilità penale: ciò che può essere oggetto di rimprovero per colpa è infatti solo un comportamento che si traduca nella violazione di una regola che abbia finalità di tutela rispetto alla lesione o alla messa in pericolo di un determinato bene giuridico e sia causale rispetto al prevedibile evento lesivo o pericoloso, effettivamente verificatosi.

Le affermazioni degli imputati dell’ Aquila sembrano limitarsi ad escludere la prevedibilità di un terremoto distruttivo sulla base delle mini scosse che si sono manifestate, non, invece, la possibilità che effettivamente si verifichi. Si tratta di dichiarazioni neutre ed è il contesto nel quale è calato il messaggio a rendere le affermazioni degli imputati, di per sé non significative, fortemente rassicuranti per i destinatari. Non pare pertanto, probabilmente secondo quanto deciso dalla Corte d’ Appello, che agli imputati possa essere mosso un rimprovero per imprudenza nella comunicazione.