Chi vuole andare, faccia pure. Per noi conta solo la gente

Il futuro del Varese - Le divisioni tra i soci? Basta parole e personalismi, più unità

Non sappiamo dire ai tifosi del Varese se ci sono i soldi per vincere la serie D, e men che meno per tornare in B, ma possiamo dire che gli uomini per farlo ci sono – qui e non solo qui – ed è l’unica cosa che conta (il Varese ha sempre fatto miracoli grazie all’umanità, alla passione e alla competenza, mai con i soldi; anzi, quando sono arrivati quelli, hanno rovinato tutto e corrotti quasi tutti).

Ha ragione Tiziano Masini, che durante lo svolgimento di un consiglio di amministrazione biancorosso che comunque non può cambiare la storia (quella la fai sul campo, con i dirigenti che scelgono i giocatori, e i giocatori che vincono le partite: noi li abbiamo) ci ha detto: «Mi fido di chi ama il Varese. E di chi sa rinnovare negli altri l’attaccamento per questi colori».
Caro Tiziano e cari tifosi: chi ama il Varese e chi rinnova l’attaccamento

per questi colori è qui, ma non solo qui, ed è più forte che mai. Non conta un presidente o un vice presidente che resta, che va o che viene (lo ammetteranno anche Ciavarrella e Galparoli, così come chi vorrebbe sostituirli) ma uno spirito che coinvolge, un fine collettivo e soprattutto un sacrificio necessario: quello dell’io, della propria linea personale, delle proprie idee sull’altare del “noi” (noi tifosi e squadra del Varese), dell’idea che esiste solo il bene della maglia e della gente che la tifa (non di chi la rappresenta).
C’è una sola e unica linea da seguire: ascoltare chi di calcio ne sa più di te. E ascoltarlo soprattutto quando dice che è meglio soffrire con meno soldi, rischiare di non essere promossi, accontentarsi dei giovani e dei giocatori scelti solo con la fame e il fiuto da uno Scapini o mandati in prestito da un Sogliano, piuttosto che da altri che non hanno mai pianto per il Varese. Che non sanno che questa è la squadra di Borghi e Maroso, ma soprattutto della città e di tutti, ed è soltanto in prestito a chi momentaneamente la governa.

Il Varese non ha vinto l’Eccellenza con i nomi (anche se ne aveva, ed erano parecchi), né farà lo stesso in D o in Lega Pro, ma sentendosi un’unica cosa con il pubblico, con la società , con la città e con la storia: piuttosto dei teatrini dell’ultimo periodo, con chi detta inesistenti linee d’azione (la linea non la dai “tu”, ma l’amore per la gente che tu rappresenti), è meglio che la società rimanga muta e senza capi (o tutti sullo stesso piano), come lo è stata quest’anno, maglia senza nome che non sia quello del Varese.
Se non ci credete più, se non volete più soffrire, se pensate che a questo punto contino solo i soldi, o chi li porta da fuori, fatevi da parte: ce ne faremo una ragione.
Lasciate pure il Varese alle uniche persone che contano, come è accaduto in Eccellenza: i tifosi. Senza di loro, non esiste nulla. L’unica carica che conta è nostra, della gente. Che può benissimo andare avanti con la stessa squadra anche in serie D, a costo di non vincere. Almeno sarà la nostra squadra fino in fondo.