Gli spettatori, Brovelli e l’arbitro maschilista

«Chiunque si sia seduto sulla tribuna di Sesto Calende, avrà pensato di essere in mezzo a settemila persone, non a settecento». Il commento del direttore Andrea Confalonieri

Qualcuno ci accusa di “drogare” il numero degli spettatori del Varese: anche se fosse, dov’è il problema? Se ami questa gente, non ti metti a contare la sua passione ma ti fai travolgere. Perché sminuire sempre le cose belle che abbiamo? Perché trovare il pelo nell’uovo in mezzo a un mare biancorosso? Chiunque si sia seduto sulla tribuna di Sesto Calende, avrà pensato di essere in mezzo a settemila persone, non a settecento. Perché il calore,

l’unità, il sogno, le radici e la varesinità di questo Varese ingigantiscono le forze e abbattono i limiti, tranne quelli di chi si ferma davanti a un’arida cifra nel tabellino. E poi, siamo seri: un trasporto e una partecipazione così fanciulleschi attorno a squadra e società li ricordiamo soltanto il primo anno di serie B. Non perché eravamo forti, ma sempre meno forti degli altri. Ma perché eravamo varesini: in campo, in società e nell’anima. Varesini come quel signore con la barba appostato sulla scaletta d’ingresso alla tribuna di Sesto: se ne sta sempre in disparte, ma c’è tanto di lui, e del suo spirito vincente, in questa rinascita.
Sul 2-0 la Sestese dà l’idea di difendere il risultato, quasi che fosse dignitoso (e forse lo è). A noi spiace che in tribuna non ci fosse il presidente Brovelli, all’ospedale per un incidente sugli sci: senza di lui, non esiste Sestese.
Geniale Melosi: stavolta cambia Marrazzo e non Giovio, facendo incazzare il bomber che vuole sempre segnare e giocare. Giusta reazione: Carmine e Marco si incazzano perché ci tengono.
Bello vedere Piraccini, che era protagonista e capitano in serie D, scendere al Varese per fare panchina perché crede che ci sia più futuro qui. Quando entra segna un gol che ne vale venti. Perché dimostrare ciò che vali in pochi minuti non è da tutti. Resta con noi, Luca.
Capitolo arbitro: pronti via e non vuole i raccattapalle perché fa tutto lui. Alla fine lascia la segnalinee Paola Francavilla di Gallarate gelata a battere i piedi fuori dallo spogliatoio: la doccia la deve fare prima lui, con il suo guardalinee. Quel che si dice un gentleman. In più espelle Gheller per nulla. Amen.