Il nostro bisogno di essere egoisti davanti alla tragedia

Il commento del direttore Francesco Caielli

Un po’ di anni passati in redazione, fianco a fianco con chi si occupa di cronaca, qualcosa ti lasciano. Perché se ne vedono tante – incidenti, morti, brutte storie – e alla fine non è che ci si faccia l’abitudine (no, non ti ci abitui mai) ma, almeno, riesci a vedere le cose con il distacco che al cronista serve.

La tragedia di Martino, quella, quella non se ne andrà mai. Impossibile accettare una cosa tanto grande, una distruzione totale, il dolore fissato negli occhi di una mamma che in un momento solo ha perso il marito e i suoi due bambini. Partiti per un weekend di festa e mai più tornati. A volte, quando siamo in giro a raccontare del nostro mestiere, ci chiedono quel sia la vicenda che più di tutte ci ha segnato. E noi non abbiamo dubbi, nessun dubbio: quella di Martino, del suo fratellino e del suo papà. Una disgrazia che non è mai stata solo una notizia di cronaca, da trattare con rispetto e il cuore pesante ma comunque sempre una notizia.

Ecco perché, almeno per quanto ci riguarda, c’è un “prima di Martino” e un “dopo Martino”, assunto a simbolo di quella tragedia perché bambino del settore giovanile del Varese e membro della famiglia biancorossa. No, cara mamma Licia: un dolore come il tuo non osiamo nemmeno immaginarcelo. E scusaci, scusa se di tanto in tanto dobbiamo ricordarci di quello che è successo, di quello che ti è successo. Forse ci serve, egoisti quali a volte siamo, per abbracciare un po’ più forte le persone che ci stanno attorno.