Colui che è coraggioso è libero. Lo diceva Seneca ma potrebbe far sua questa frase anche Lorenzo Franzetti. Perché è un ragazzo che ha avuto il coraggio di fare una scelta, bella ma difficile, di cuore, di passione. Spiegazione necessaria: Lorenzo è un giornalista varesino che ha raccontato per anni il ciclismo, l’amore di una vita, ed ora ha deciso di cambiare vita e punto di vista.
Il motivo è giusto spiegarlo con le sue parole, bellissime e profonde, apparse sul suo profilo Facebook nei giorni scorsi: «E da domani che succede? Si alza la serranda, quella che ha tirato su mio padre per cinquant’anni. Si alza la serranda e si prende un’altra direzione. Ma come?! mi dicono, non farai più il giornalista? Semplicemente continuerò a fare cultura ciclistica, la “mia” cultura, da un’altra postazione, un tavolo di provincia, dietro una vetrina di paese, in mezzo all’odore dei copertoni, con il ticchettìo di una ruota libera a scandire il ritmo di lavoro».
Ebbene, Lorenzo ha rilevato la bottega ciclistica del padre Diego, andato recentemente in pensione, ad Ispra in piazza San Martino. Una scelta che noi abbiamo definito “coraggiosa”, ma che lui corregge in “naturale”: «Questa bottega l’ha aperta mio nonno Romeo nel 1935 e non mi andava di lasciarla morire, non sarebbe stato giusto, avrei avuto un peso sulla coscienza. Mio padre l’ha portata avanti per tanti anni, ed ora ho deciso di farlo io. Sono nato e sono cresciuto qui,
per questo è una scelta naturale più che coraggiosa, anche se debbo dire che un po’ di coraggio c’è. E’ una storia di famiglia che deve continuare. Ho deciso di portare all’interno della bottega la mia visione e la mia esperienza da giornalista e da appassionato. Voglio che non resti una semplice bottega ma che si trasformi in qualcosa di più. Mio padre è andato in pensione da poco ma questa rimane casa sua, sarà sempre qui intorno». Dal ciclismo al ciclismo, stavolta dietro un bancone: «Faccio quello che mi va. Avevo preso una strada diversa, sempre legata al ciclismo, scegliendo di raccontarlo. Ora sento che la mia strada è questa. Gestirò l’attività assieme a mia moglie Alessandra, cerco di non allontanarmi da questo mondo, lo guarderò da un’altra prospettiva. Voglio portare all’interno della bottega la mia cultura ciclistica, il mio modo di pensare uno sport ed un’attività che coinvolge tutti, dal ciclo amatore esasperato fino alla signora ottantenne che magari non sa minimamente cosa sia un rapporto 53. Voglio che questo sia un posto per tutti, perché oggi è cambiato il pubblico del ciclismo e del cicloturismo. La gente comune è il business del futuro, così come lo è la bicicletta».
Il progetto di Lorenzo ed Alessandra non è quindi solo legato alla bottega, ma è di più ampio respiro: Non è nemmeno solo bicicletta e ciclismo, bensì territorio e cultura, e molto altro: «Da tempo io e mia moglie stiamo investendo sul territorio e sulla cultura ciclistica. La bici può e deve diventare uno strumento per la valorizzazione del territorio, come già si è provato a fare con la Mangia Bevi e Bici, ma anche con le pedalate culturali. Proprio in questa direzione apriremo la sezione Fiab Lago Maggiore (Federazione italiana amici della bicicletta), sostanzialmente una sorella del Ciclocittà di Varese, per affrontare anche argomenti come la mobilità sostenibile, le piste ciclabili, la valorizzazione dei nostri monumenti anche attraverso percorsi per le biciclette. Ci saranno delle collaborazioni e delle iniziative interessanti per portare avanti questa cultura ciclistica a cui tengo molto».
Lorenzo ha anche pubblicato un libro, “La bottega del Romeo”, in cui ha raccolto dei racconti ispirati anche a questa bottega, che è una storia di famiglia. Perché Romeo è il nonno di Lorenzo, che ha avviato l’attività nel 1935. Non abbandonerà il giornalismo Lorenzo, ma racconterà il ciclismo in modo diverso. Sempre riprendendo le sue parole su Facebook, è fondamentale riprendere questo passaggio per spiegare tutto quanto, per capire le radici di una scelta e di una passione che continua: «Per capire, sapere, imparare davvero cos’è il ciclismo, non serve a nulla andare a far domande, spesso banali e scontate, con un canapino in mano. Serve molto di più saper ascoltare, saper osservare in silenzio, cogliere le sfumature, colori, odori, rumori, magari osservando il lavoro instancabile dei grandi meccanici dei campioni: grazie Ronny Baron, Enrico Pengo, Giuseppe Archetti, Saul Nencini, Nazareno Berto, Fausto Oppici, Faustino Munoz, Diego Costa, Carube Lencioni… l’avreste mai detto? Nel giorno in cui vado a rinnovare l’iscrizione all’Ordine dei Giornalisti, alzo la serranda. Non cambio modo di pensare o vedere, è solo una scelta che si completa: si torna a casa, si ricomincia. Contento così».