Rinati dal nulla. Un miracolo tutto varesino

Il commento del direttore Andrea Confalonieri

Sale un brivido sulla schiena a pensare di essere appena a sei giorni, che al massimo diventeranno tredici, dalla promozione del Varese. Perché domenica prossima non sarà passato neppure un anno da quando una dirigenza fallimentare, egoista e a lungo incapace – col corollario di procuratori, giocatori, spalleggiatori spesso approfittatori e millantatori – consegnò il Varese, la serie B, i tifosi, il vivaio alla tomba. Da quella bara è nato un fiore, che domenica sboccerà per sempre nel giorno di una promozione che ne vale mille,

visto che sarà la promozione del popolo, di una società e una squadra figlie del popolo. La straordinarietà di quest’irripetibile campionato di Eccellenza (peccato stia finendo) è quella di essere stato vissuto ogni ora e ogni partita come se fosse un campionato di serie B, quasi a dimostrare a noi stessi (a chi ce l’ha portato via) di doverci e poterci ancora stare anche se non ci siamo più: nei fatti, nei gol. Nel cuore, nei sogni. È stata un’Eccellenza e un onore vivere tutto ciò insieme ai tifosi del Varese: se avessero tolto una squadra – di più, un’anima e perfino la dignità – come hanno fatto a loro, un’altra tifoseria si sarebbe arresa. Sarebbe scomparsa, polverizzata, delusa, divisa. Loro, no. Loro hanno dimostrato una tempra, una corazza, una voglia, una capacità d’amare, unirsi e ripartire dal nulla che non hanno prezzo. Se non quest’irripetibile promozione. La promozione dal nulla al tutto, costruita solo con le loro (le nostre) mani.

Loro hanno preso un campetto, ci hanno costruito due porte, hanno fatto le squadre (anzi, la squadra) e si sono messi a urlare “Forza Varese”. Ovunque, per sempre. Quell’urlo è diventato un vento, il vento è diventato anima, e l’anima si è incarnata in qualcuno: giocatori, dirigenti, allenatore. Figli del dio minore dell’Eccellenza? No, figli del Varese.

A Cremona, a Padova, a Genova, a Novara eravamo in tanti ma domenica prossima al Franco Ossola saremo migliori. Saremo orgogliosi di noi. E avremo rinnovato il sogno più bello, l’eterna lezione del Varese: quando arrivano i varesini (in campo, e fuori), tutto è possibile. Anche rinascere dalla morte. Più veri, più forti. Più vivi che mai.