«Senza limiti se diventiamo una squadra»

Il team manager dell’Unendo Yamamay Enzo Barbaro: «Ottime singole da amalgamare. Busto la società più innovativa»

La squadra c’è, l’entusiasmo dei tifosi pure: le farfalle sono pronte a spiccare il volo. Dopo la presentazione di ieri sera al Magriffe, per l’Unendo Yamamay è tempo di pensare solo al campo.
Già, perché tra cinque sere c’è già una gara senza appello, lo spareggio di Supercoppa italiana con Bergamo. Il primo match ufficiale di una stagione che promette faville: «Abbiamo di sicuro un gruppo competitivo e che non deve aver paura di nessuno», dice Enzo Barbaro, team manager biancorosso, che non nasconde le carte.
«Questo è già un ottimo punto di partenza. La differenza – sostiene – la farà la capacità di far diventare una squadra quello che è un ottimo gruppo di singole giocatrici. Questo è ciò che società e staff tecnico cercheranno di fare. Abbiamo 12 individualità, 13 con Aelbrecht: devono diventare una squadra».

Il precampionato altalenante non preoccupa oltre il dovuto: «Bisogna considerare – spiega Barbaro, ex giocatore di buon livello che ha vinto due scudetti e due Coppe Italia a Treviso – che una pedina fondamentale come Wolosz si è inserita in ritardo. Per non parlare dell’assenza di Diouf e dell’infortunio di Aelbrecht, che ha creato un po’ di emergenza al centro, rimediata ora dall’arrivo di Lyubushkina. Ma è chiaro che giocare senza l’opposto titolare, e con il palleggiatore non al meglio,

qualche problema può provocarlo».
A proposito di Diouf: «Vederla protagonista ai Mondiali ovviamente ci ha fatto piacere. Una giocatrice di quella qualità oggi è difficile da trovare nel campionato italiano, e averla dalla nostra parte è un’ottima cosa. Ora però deve inserirsi in un gruppo, quello che conta è la costruzione di un’idea di squadra».
Dici Diouf e pensi ai Mondiali, e all’entusiasmo che ha creato la Nazionale di Bonitta: «In questo momento va sfruttato l’interesse mediatico per aumentare la visibilità del volley, anche uscendo dai canali tradizionali – sostiene il team manager – Senza dimenticare che il vero compito delle atlete è quello di giocare e pensare al campo. Credo che, in generale, l’entusiasmo portato dai Mondiali sia destinato a scemare, anche se uno strascico positivo nella memoria della gente resterà. Questo sarà utile per il movimento in vista della prossima stagione. Per quanto riguarda l’Unendo Yamamay cambierà poco, nel senso che noi abbiamo sempre comunicato tanto, e continueremo a farlo, per promuovere questo sport. Lo facevamo prima dei Mondiali e lo faremo ancora, con la stessa passione».

Ma qual è il segreto di un marchio capace di avere successo al di là dei risultati del campo?
«Non sedersi mai, non aver paura di innovare e creare qualcosa di inedito. Se guardiamo al movimento e ai nostri competitor, dico senza presunzione che siamo i migliori dal punto di vista dei numeri e delle iniziative di comunicazione. Ma non dormiamo sugli allori: ogni anno, ci sediamo attorno a un tavolo e studiamo qualcosa di diverso, facendo tesoro delle esperienze passate, positive e negative. Solo così rimani vivo, innovando sempre. È quello che ci sforziamo di fare ogni giorno, insieme a Giorgio Ferrario e a Massimo Aldera che, pur tra mille impegni, dà una mano anche nella comunicazione».