«Varese, auguri. E chiamatemi col mio nome…»

Sauro Catellani al Franco Ossola per il primo giorno da numero 1 biancorosso: «Presidente? No, “Catella”»

L’era Catellani è iniziata. Ieri, al Franco Ossola, il nuovo presidente del Varese Calcio ha fatto il suo esordio ufficiale nelle vesti di numero 1 di piazzale De Gasperi. Ad attenderlo, oltre al figlio Fulvio e al resto del team societario, anche diversi tifosi (una cinquantina i presenti), tra cui il vicesindaco Daniele Zanzi.

Arrivato poco dopo le 11, Sauro Catellani si è fermato a parlare e salutare tutti, proprio a partire da Zanzi (che ha invitato lui e il figlio Fulvio per un incontro in Comune nei prossimi giorni), con cui si è intrattenuto ricordando momenti del glorioso passato biancorosso.

Conclusa la partitella e posato per la foto natalizia, la squadra ha preso la via degli spogliatoi dove ha potuto conoscere e parlare per la prima volta con Catellani. Un quarto d’ora insieme, prima di lasciare i ragazzi farsi la doccia passando invece all’incontro con la stampa con cui ha toccato rapidamente i temi già in gran parte emersi nei giorni scorsi.

«Varese? La città la conosco, domenica invece ho visto per la prima volta la squadra. Cercheremo di far approdare qui qualche ragazzo che possa darci una mano – conferma Sauro Catellani – Credo comunque che questo gruppo possa già fare bella figura».

Il nuovo presidente ha parlato ai giocatori: «Cosa ho detto? Ho fatto una battuta: non è che sostituisco Paolo (Basile) e mi becco gli striscioni… Ho chiesto ai ragazzi di fare in modo che i tifosi siano contenti: se lo sono loro, lo siamo anche noi. Comunque le critiche non mi hanno mai spaventato, fanno parte del gioco. Ciò che mi preoccupa è il risanamento della società: ho fatto anche io questo lavoro e l’unica brutta esperienza che ho avuto è stato dove trovai una società non presente».

Ecco dunque l’impegno di Sauro Catellani: «Essere presente con la squadra e con la gente che lavora per noi e con noi».

Una battuta anche sulla carica: «Presidente? No, dai: chiamatemi con il mio nome. Alcuni mi chiamano “Catella”, Sandro Mazzola invece mi diceva “Cartella”… ; ma io non ero mica un picchiatore, anzi: ero un difensore tecnico».

In chiusura, aiuti “locali” e programma: «Se mi aspetto una mano dagli imprenditori locali? Io mi sono già messo in bicicletta per cercare soluzioni con amici e società calcistiche. Mi dispiace che nessuno abbia aiutato Paolo Basile: mi è parso essere stato un po’ abbandonato. Il primo passo? Lavorare sui problemi economici, per risolverli. Poi fare le squadre non è difficile: ma servono tranquillità e serenità».

Taccuini chiusi e tutti al bar dello stadio, per un brindisi natalizio in compagnia del “Catella”: il regalo che i tifosi del Varese meritavano è arrivato.