Emozioni e sogni in versi chiari e potenti. «Perchè la poesia è forte anche oggi»

Il varesino Stefano Lodi racconta la sua nuova raccolta: un profondo viaggio metrico tra sonetti e strofe nella propria esistenza

“Vorrei proporvi un testo narrativo-in versi chiari, semplici e potenti”: con questa intenzione iniziale, il poeta varesino introduce il lettore alla sua antologia lirica “Sonetti e strofe. Poesie dal nuovo millennio”, appena uscita per Robin editore, e conduce un viaggio lungo la propria esistenza, percorrendo in metrica quasi un anno intero. Emozioni e pensieri, sogni e incubi si alternano, scanditi dal ritmo e dalla musicalità dei versi.

Parliamo con Stefano Lodi, classe 1978, che per lavoro si occupa di qualità aziendale, ma che, nella vita, è appassionato poeta, cultore del poema epico cavalleresco e di Ludovico Ariosto e dell’ “Orlando furioso”, e che ha già scritto sette volumi di poesie, molti dei quali rigorosamente in ottave, ovvero la tradizionale strofa composta da otto versi, gli ultimi due a rima baciata. Lodi ha studiato chimica a Milano ma già verso i diciotto anni, alla fine del liceo scientifico a Rho, è nato l’amore per la poesia.


Sonetti e Strofe sono due S non minacciose, che mi accompagnano in questo viaggio metrico. Ovviamente sono démodé, ma proprio per questo le sbatto in prima pagina. Deve essere evidente di cosa si tratta fin da subito. Come dire, prima la forma, poi il contenuto. Se poi sono forme usate da secoli, vuol dire che sono valide. Altrettanto ovviamente, cerco di introdurre delle piccole variazioni sulle forme, e quanto posso sui temi.

Il fil rouge è banalmente l’ordine cronologico. Tutti i testi sono stati scritti uno dopo l’altro. Perché ho bisogno di dare ordine alla mia costruzione, altrimenti non sta in piedi. L’ordine cronologico è semplice da seguire, ma in un certo senso banale. Non a caso poi ho raccolto altre opere giovanili nel volume che ho chiamato “Versi e rime senza tempo”, che forse un giorno pubblicherò, dove l’ordine invece è basato sul mio gusto.


La mia risposta immediata è: perché no? Certo, forse oggi è difficile “fare della propria vita un’opera d’arte”, o forse non ha senso; ma per qualcuno la poesia è ancora una parte rilevante della propria esistenza. Vige da secoli la legge secondo cui “carmina non dant panem”, e naturalmente vige ancora oggi. Questo però non vuol dire che si possa essere esenti dalle visitazioni di quel “dàimon” che impone al poeta di scrivere in versi. Forse non capita a molti, di sicuro non a tutti i sedicenti poeti di oggi. Quello che è certo è che è molto difficile discriminare l’Arte dalla produzione a scopo di commercio di cose belle. Io, nel mio piccolo, scrivo perché devo, ma esteriormente non sembro un artista. E mi va davvero bene così. E allora cominciamolo, questo nuovo millennio, con un po’ di forme tradizionali.