Il Nobel Fo bacchetta i varesini: «Indignatevi di più»

Ospite all’Università degli Studi dell’Insubria il luminare italiano ha incantato la platea con le sue parole

– Ieri pomeriggio nell’Aula Magna dell’Università dell’Insubria il premio Nobel Dario Fo e Florina Cazacu hanno presentato il loro libro “Un uomo bruciato vivo. Storia di Ion Cazacu”. Il testo è un dialogo in cui Florina racconta a Dario Fo la sua personale vicenda. Un libro che vuole essere una denuncia e scuotere le coscienze delle persone.

Dario Fo è un uomo che non molla mai, che ha ancora voglia di smuovere i nostri pensieri, di toglierci dal torpore del quotidiano con quell’energia che da sempre lo contraddistingue.
«Sono qui per farvi indignare – sono infatti le parole con le quali Fo apre il suo intervento – L’argomento di oggi è la presentazione di un libro, un fatto di cronaca nera in cui l’umanità si perde. Non si può rimanere indifferenti, divulgare è

un dovere perché certi fatti non accadano più. È stata mia moglie Franca ad aiutare e sostenere Florina, che tanto me la ricorda per il suo slancio verso la ricerca della verità».
E prosegue: «Il Varesotto è la mia patria, ne conosco ogni monte, ogni lago, ogni strada, conosco la gente che vi abita, attiva ed intelligente, che però non sempre si indigna. L’informazione su fatti come questo, sullo sfruttamento degli stranieri trattati come schiavi, troppo spesso non c’è. Ma siamo noi che dobbiamo andare oltre, avere la volontà di conoscere la verità».
Così racconta: «Nel 2012 la Procura di Busto Arsizio ha portato alla luce una vera e propria organizzazione criminale che dal 2005 ha messo in atto nel nord-ovest una frode contributiva e fiscale per oltre 23 milioni di euro, utilizzando lavoratori prevalentemente extracomunitari che sono stati sottopagati e sfruttati».
Com’è noto il padre di Florina a Gallarate nel 2000 venne bruciato vivo dal suo datore di lavoro perché voleva essere retribuito. Con il 90% del corpo ustionato riuscì a vivere per un mese e a raccontare la verità dei fatti: lo stesso fecero i suoi compagni.
«Ma è una verità che non basta – dice Florina – L’assassino di mio padre dopo aver fatto solo 10 anni di carcere è libero e vive a Gallarate, dove io continuo a vivere con la mia famiglia e dove sto facendo crescere mia figlia, perché mai ho confuso un assassino con un’intera nazione lasciando l’Italia. Ho lottato per mio padre e all’ultima sentenza l’ho perso un’altra volta. Mi sono sentita a lungo una perdente, ma poi ho capito che chi ha perso è stata la giustizia italiana».