Il regista varesino ha un socio: l’Italia

“Opera di nazionalità Italiana”: con questo riconoscimento da parte della direzione generale per il cinema, il ministero dei Beni e delle Attività Culturali ha ufficialmente dato l’etichetta di “made in Italy” al film “Mediterraneo Bollente” del regista varesino Eugenio Manghi e prodotto dalla White Fox Communication.

«Un onore per me e per il film che ha avuto il riconoscimento di opera di interesse nazionale. Un’etichetta che ci permetterà di esportarlo con orgoglio e di avere un socio d’eccezione: lo Stato Italiano. Lo dico in modo ironico, perché la richiesta di poter ottenere questo riconoscimento e il finanziamento che ne segue, è molto datata. Sapevo da subito che “Mediterraneo Bollente” aveva tutte le carte in regola per aggiudicarselo, ma i tempi della burocrazia Italiana sono lunghissimi».

Siamo nel 2014 e il film documentario è stato pensato nel 2009, prodotto tra il 2010 e il 2011 e licenziato nel 2012.

Cinquanta minuti in cui Manghi ci racconta cosa sta succedendo al nostro mare e le conseguenze del riscaldamento delle acque in tutto il bacino del Mediterraneo.

«Sì, in un tempo in cui parlare di queste cose era ancora un rischio per tutti. Il film nasce proprio dall’esigenza di spiegare al grande pubblico come il nostro Mediterraneo, da quarant’anni almeno, sta subendo delle trasformazioni incredibili. Sorgente di tutto è il cambiamento climatico che ha provocato un aumento della temperatura superficiale dell’acqua con le conseguenze, per esempio, che ci sono possibilità di avere uragani tropicali nel Mediterraneo, alcuni già registrati, fino al cambiamento della biodiversità». Cambiano le correnti e i pesci che una volta non si trovavano in certi mari, non solo sono arrivati ma si sono anche ambientati.

«Per esempio i pesci Tropicali che prima rimanevano nelle zone limitrofe del canale di Suez, adesso dal Marocco si sono spinti in Turchia. Seicento specie estranee alla biologia mediterranea che si sono affermate. Tutto questo comporta altre conseguenze a ruota. I pescatori trovano pesci che non hanno valore commerciale e sono costretti a cambiare tipologia di pesca con gli allevamenti intensivi dei grandi predatori del mare che si nutrono di tonnellate pesce azzurro, ma ne occorre talmente tanto che gli allevamenti non saranno più sostenibili a lungo termine.

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