Il Varesotto per Dario Fo? I «paesi delle meraviglie»

A quasi vent’anni dal Nobel al mito, sono diversi gli appuntamenti che la città dedica in suo ricordo

Si trovava in automobile, a registrare la trasmissione televisiva lungo l’autostrada “Milano/Roma”, Dario Fo (Sangiano, 24 marzo 1926 – Milano, 13 ottobre 2016), nell’ottobre 1997, quando seppe di aver vinto il Premio Nobel per la Letteratura. Una macchina della produzione televisiva si affiancò a lui con un cartello sul finestrino: “Hai vinto il Nobel”. La moglie Franca Rame (Parabiago, 18 luglio 1929 – Milano, 29 maggio 2013) – come racconta l’attrice e regista Marina De Juli che con la celebre coppia ha lavorato a lungo – si trovava al teatro Carcano di Milano e, all’arrivo di Dario Fo, persino dal tram la gente lo acclamava a gran voce.

Sono passati quasi vent’anni da quel momento e l’Accademia svedese, allora come ora, raccoglieva plausi e polemiche, come il recente Nobel a Bob Dylan. Fu il 9 ottobre del 1997 quando, a Stoccolma, il drammaturgo Dario Fo ricevette, dalle mani del re Gustavo di Svezia, il Premio Nobel per la letteratura, con la motivazione: «Perché, seguendo la tradizione dei giullari medioevali, dileggia il potere restituendo la dignità agli oppressi». «Con me hanno voluto premiare la Gente di Teatro» fu il commento del drammaturgo varesino, protagonista insieme alla moglie Franca per oltre cinquant’anni, tra i più coraggiosi e dirompenti, del panorama teatrale italiano. È stato il sesto e l’ultimo italiano, a conquistare il premio più ambito, prima di lui il vate Carducci nel 1906, Grazia Deledda nel 1926, Luigi Pirandello nel 1934, i due poeti Quasimodo, nel 1959, e Montale nel 1975.

«Tutto dipende da dove sei nato – scriveva Fo in “Il Paese dei Mezaràt. I miei primi sette anni (e qualcuno in più)”- E, per quanto mi riguarda, forse il saggio ci ha proprio azzeccato. Tanto per cominciare devo dire grazie a mia madre, che ha scelto di partorirmi a Sangiano, quasi a ridosso del Lago Maggiore. Dunque io vidi la luce a Sangiano per decisione univoca delle Ferrovie dello stato, ma lì son nato solo per l’anagrafe. In verità, per quanto mi riguarda sono venuto al mondo e ho preso coscienza trenta-quaranta chilometri un po’ più su, lungo la costa del lago, a Pino Tronzano, e qualche anno dopo a Porto Valtravaglia, sulla sponda magra del Lago Maggiore. Entrambi sono stati i miei “paesi delle meraviglie” che mi hanno scatenato le fantasie più pazze e hanno determinato ogni mia scelta futura».

Dario Fo aveva un bel ricordo del varesotto, come spiega Jacopo Fo – il figlio della coppia che vive in Umbria, dove insieme a loro, nel 1981, ha fondato “La libera Università di Alcatraz”, in principio una scuola di teatro – anche se non particolarmente coltivato: «mio padre non aveva un particolare legame con queste zone, ma ci rimase male quando vide che avevano demolito la casa dove aveva vissuto, come del resto mia madre la cui famiglia di attori aveva come base proprio Varese».

«Ho vissuto a lungo nella loro casa qui a Milano e a Cesenatico d’estate, una vita intensa, un vero e proprio lavoro artigianale di creazione del testo. Era come una catena di montaggio: Dario scriveva e Franca correggeva le bozze. Si immergevano nel loro lavoro, Dario non si fermava mai un momento, mani e testa sempre in movimento, mentre scriveva e dipingeva, in un fluire di energia e di colori. Da loro si poteva rubare il mestiere, il loro modo di fare teatro, di affrontare il palcoscenico, con serietà e voglia di comunicare. Un mestiere che non era nient’altro che un modo di concepire al vita».

Ricco il ventaglio di appuntamenti e omaggi al celebre autore di “Mistero buffo”. A Varese, al teatro Vela, il prossimo ottobre, la regista Marina de Juli dedicherà a lui uno spettacolo, mentre su Rai5 continuano le puntate, iniziate a febbraio, del documentario, ogni lunedì: “Dario Fo Franca Rame la nostra storia”. Molti i progetti in cantiere, come spiega Marisa Pizza, presidente dell’Archivio di Dario Fo: “il 23 marzo dell’anno scorso è stato inaugurato il MusaLab, Museo Archivio Laboratorio, negli spazi dell’Archivio di Stato a Verona e, su invito del Ministro Franceschini, è in piedi la mostra al Palazzo Barberini: “Dario Fo e Franca Rame il mestiere del narratore”, ma tanti sono gli eventi e i progetti, con diverse città italiane ma anche straniere, come quello avviato con l’università di Montpellier”.