L’azzardo è dipendenza senza droga. Ecco come affrontarlo per uscirne

Allarme sociale - Mette a rischio i rapporti familiari e lavorativi, oltre all'equilibrio economico. Ed è sempre più diffuso

Il gioco d’azzardo patologico è una delle prime forme di “dipendenza senza droga”.
Il gioco d’azzardo patologico si configura come un problema caratterizzato da una graduale perdita della capacità di autolimitare il proprio comportamento di gioco, che finisce per assorbire, direttamente o indirettamente, sempre più tempo quotidiano, creando problemi secondari gravi che coinvolgono diverse aree della vita.

Visto inizialmente come un disordine del controllo degli impulsi, il gioco d’azzardo patologico è ora considerato e studiato come una vera e propria dipendenza comportamentale. Una dipendenza che porta con sé conseguenze drammatiche: crisi coniugali, divorzi, figli costretti a diventare adulti prima del tempo, difficoltà economiche, debiti, usura, assenze dal lavoro, rischi per la sicurezza, attività illegali, problemi di salute.
«Quando il gioco — spiega il ,psicologo e psicoterapeuta di Varese — diventa un’esigenza

per la quale vengono messe da parte attività sociali, lavorative e relazionali e vergogna, fallimento e rifiuto sociale lasciano spazio alla necessità del gioco, quando cominciano a entrare dei processi di pensiero distorti che allontanano il soggetto dalla verità e costruiscono una realtà fittizia siamo già ad una configurazione patologica perché c’è una perdita del contatto con la realtà».
Anche se non esistono linee guida nazionali sui percorsi di trattamento, i servizi pubblici meglio organizzati mettono a disposizione interventi multi-professionali e integrati che coinvolgono anche la famiglia.
Un programma-tipo può prevedere un eventuale ricovero, colloqui individuali, gruppi di psicoterapia, cure farmacologiche e gruppi per i familiari.
Spesso vengono offerti anche un tutoraggio economico per risanare i debiti, interventi sociali per affrontare questioni legali e socio-economiche, l’attivazione di una rete di sostegno sociale istituzionale e del volontariato.

E se il primo passo per la cura e la guarigione parte dal riconoscimento della malattia da parte del giocatore, le terapie ritenute più efficaci sono quelle di tipo psicologico e psicoterapeutico. «La letteratura internazionale indica la terapia cognitivo-comportamentale come la modalità più efficace di trattamento».
E i farmaci? «Non esiste una terapia farmacologica per il gioco d’azzardo — mette in chiaro Soru —. Il gioco svolge una funziona equilibratrice rispetto allo stato dell’umore. Nel momento in cui si cerca di mettere sotto controllo questi aspetti è possibile che ci sia una recrudescenza dello stato dell’umore alterato, quindi la terapia farmacologica va a trattare gli aspetti patologici correlati, come depressione e stati d’ansia, sia in fase di gioco che di dismissione dal gioco».

La terapia cognitivo-comportamentale interviene sulla motivazione e ha come obiettivo la ricostruzione cognitiva. Aiuta cioè i pazienti a distruggere quei pensieri, quelle false aspettative su cui il giocatore costruisce in automatico il suo comportamento, per poi riportarlo alla realtà. Dalla dipendenza da gioco si può guarire attraverso metodi individuali, di gruppo terapeutico, di auto-aiuto o di comunità.
«Gli obiettivi terapeutici vanno sempre centrati sulla possibilità di modificare, oltre che il comportamento di gioco, il groviglio di pensieri legati all’idea che prima o poi arriverà il giorno in cui il gioco potrà cambiare la propria vita».