Addio Mukasa, una vita per gli altri

È morto Maianghe ’Ngaia Masindeni, uno dei volontari più attivi alla mensa dei poveri di via Luini

La città piange Mukasa Maianghe, volontario che tutti i giorni ha dato il suo aiuto alle suore di via Bernardino Luini. Somalo, arrivato a Varese a 13 anni di età grazie ai frati della Brunella conosciuti in missione, verrà ricordato da tutti come una persona integerrima, impegnata nel sociale, che ha saputo integrarsi perfettamente nella comunità in cui è arrivato. Il suo nome completo era Maianghe ’Ngaia Masindeni, ma aveva scelto di farsi chiamare Mukasa da anni. Le suore, a cui la pronuncia del suo nome suonava difficile, lo chiamavano Giuseppe.

Era il volontario per eccellenza, quello che non faceva mai mancare il suo impegno, quello che ha saputo esserci fino a che la malattia glielo ha concesso. Tutti i giorni, dopo il lavoro alla ditta Binacchi di Gazzada Schianno, azienda dove ha lavorato per 40 anni e dove veniva considerato “di casa”, andava dalle suore di via Luini, così come al sabato e alla domenica.

In Italia aveva studiato all’Istituto Athena, dove aveva appreso tutto quello che serviva per diventare un buon impiegato. Suonava il pianoforte e conosceva bene la musica. Ha diretto il coro alla chiesa della Brunella per 30 anni ed è lì che oggi, alle 15.30, saranno celebrati i suoi funerali.

«Di lui potrebbero raccontare meglio tutte le persone che lo hanno conosciuto – afferma la moglie Mariella, a sua volta dedita al volontariato – Mio marito era una persona disponibile che allacciava contatti con tutti con naturalezza. Tra le attività che hanno riempito la sua vita c’è sicuramente il volontariato con le suore della Riparazione. Lui non si occupava della cucina o della distribuzione dei pasti, ma del lavoro di manovalanza, come scaricare dai camion le casse di cibo destinato ai bisognosi, andare a ritirare le merci dai supermercati e portare le cose ingombranti in discarica. L’altra sera si è svolto il rosario: vedere presenti tutte quelle persone ci ha riempito il cuore perché significa che Mukasa ha lasciato in tanti un buon ricordo».

«La città gli deve molto. Mukasa è l’esempio di tutte quelle persone che in ambiti diversi fanno un lavoro silenzioso. Un lavoro che non si riesce a quantificare, ma che è importantissimo per la comunità – dice Luisa Oprandi, consigliere comunale del Pd e volontaria delle suore di via Luini – Vorrei chiedere un riconoscimento da parte della città per il suo lavoro, perché è vero che il volontariato non ha bisogno di altro che della gratitudine, ma è anche vero che queste figure devono essere riconosciute dalla città come esempi. Dare un riconoscimento a Mukasa significa, per la città, sottolineare l’importanza dello stare insieme su valori condivisibili. Mukasa è stato una persona che ha saputo vivere bene l’integrazione cittadina su diversi livelli. Un bell’esempio di come si può vivere la propria presenza in una città non di origine, donandosi agli altri».

Mukasa lascia la moglie Mariella, le figlie Silvia e Chiara e il nipotino Matteo.