Bianch Campanat. Tra la realtà e la leggenda, seguendo i rintocchi delle campane

Un racconto che parla della nostra città e delle vicende che videro la sua nascita. Diana Ceriani ci porta alla scoperta di una pagina di vita bosina tramandata da generazione a generazione

Un racconto tra la realtà e la leggenda, quello che oggi “La Varese Nascosta” ci fa scoprire, attraverso le parole di Diana Ceriani, nota cantante dialettale, nonché iscritta dell’associazione.

La storia parla de “I BIANCH CAMPANAT”, ovvero della fonderia di campane Bianchi di Varese, di cui Diana Ceriani ha scritto nel suo “Almanacco delle tradizioni bosine”, edito da Macchione Editore.

«Non ho prove fotografiche o documentali che attestino l’esistenza di una campana nella Torre Civica di piazza Monte Grappa a Varese, ma mi è stata raccontata da fonti attendibili questa curiosa storia – racconta Ceriani – Partiamo dal principio. Dovete sapere che nel 1888, venne ceduta la premiata fonderia di campane Bizzozero ad Angelo Bianchi, che proseguì l’attività in modo egregio ma in periodo più complicato e tumultuoso del collega precedente. Di fatti si sorbì il periodo tra le 2 guerre mondiali».

La guerra, si sa, porta con sé povertà e decisioni sofferte.

«Durante la prima guerra mondiale il povero “Bianch campanat” dovette “ritirare” da buona parte dei campanili le campane, utilizzandone il materiale per armamenti bellici. Alla fine della prima guerra mondiale poi, i varesini desiderosi di ritornare alla normalità, chiesero il rifacimento delle suddette campane rimettendo al lavoro la fonderia».

Iniziò quindi il periodo in cui la nuova Varese mosse i primi passi.

«Nel periodo che seguì, molti cambiamenti furono apportati alla città Giardino, cambiamenti che le trasformarono non solo il volto ma anche la sostanza. Per esempio la Piazza Porcari divenne Piazza Monte Grappa, in onore ai caduti di guerra. Nel 1933, fu eretta in questa piazza la torre civica, sempre allo scopo di rendere memoria ed omaggio ai caduti. Ed è qui che comincia il mistero. Sembra infatti che fu chiesto al nostro “Bianch Campanat” di costruire una campana da erigere all’interno

della nuova torre, così diversa nell’aspetto dalle altre strutture create che necessitavano di una campana. Ne fece (sembra) una grossa e pesante ma con suono particolarmente intenso. Dopo pochissimi Anni (non so se e quando questa campana abbia suonato), iniziò la seconda guerra mondiale, imponendo al nostro povero “Bianch Campanat” (che soprannominerei a questo punto “fa e desfà”) di salire a riprendersi la sua recente opera, fonderla e con essa fare altro materiale bellico. Non fu semplice romperla in pezzi, fu necessario (sembra) l’accensione di un fuoco per ammorbidirne il materiale. Gli operai sudarono 7 camice per romperla, anche dopo questa operazione».

Dopo il conflitto bellico, cominciò nuovamente la ricostruzione.

«Alla fine della guerra la fonderia Bianchi si rimise al lavoro per ricostruire alcune campane sacrificate per la “Patria”, però, la ipotetica campana della torre civica non fu più ricostruita, lasciando vuoto lo spazio, come vuoto venne lasciato lo spazio della torre della Questura, anch’essa (sembra) correlata da campana. Ma almeno una di queste campane scomparse fu davvero esistita? Forse sì, ma non ne fu volutamente lasciata traccia per togliere dalla memoria uno dei periodi più bui della nostra Varese. La Fonderia Bianchi rimase attiva fino al 1965. Visse il periodo più complicato della nostra storia recente.

Ebbe meno gloria della fonderia Bizzozero che la precedette e che lasciò il suo suono cristallino su molte campane, ma di sicuro ebbe molto lavoro. Anzi, ebbe molto “fa e desfà”».